29 dicembre 2013

Racconto di Natale.

Ora scriverò un racconto, che è una storia vera, una storia di Natale.
La scrivo perché questo posto è un refugium peccatorum, un antidepressivo, uno specchio dell'anima, una resa dei conti. Perché questo posto è un punto di domanda e nessuna risposta.
Perché è la mia palestra, il mio diario, e -soprattutto- la mia memoria.

Questa storia parla di Nonna Oroscopo, ma non dovete immaginarvela com'è adesso, con gli occhiali da sole fucsia, gli stivali di gomma verde e l'autocarro pieno di peli di cane.
Dovete immaginarvela Bambina, a sette anni, con lunghe trecce bionde e gambe secche, con una gran voglia d'indossare degli stivali troppo piccoli per andare nella neve e nessuna intenzione di ammettere che non riesce più a camminarci.
Dovete immaginare un paese al confine, più di 50 anni fa, con campi imbiancati e boschi estesi dietro gli orti.
Dovete immaginarvi anche che manchino pochi giorni a Natale.
Ci siete?
Pronti?

La Bambina, dicevamo, ha circa sette anni e una gonnellina scozzese sulle gambe, nude anche a Dicembre, perché le lunghe calze di lana si allentano facilmente scendendo al ginocchio.
Lei non ci fa caso e le riacchiappa tirandole su con gesto abitudinario.
Suo padre è alto, con una giovane barba castana e occhi nocciola sotto le ciglia.
E' un padre bellissimo, nessuno ne ha uno così.
Camminano lungo il sentiero, nella neve alta.
Nell'eccitazione della gita Bambina, che porta il 32 di piede, non sente ancora la stretta degli stivaletti numero 28.
Ma ha già percorso più di tre kilometri lungo la strada principale, dove c'è solo fanghiglia e dai tetti delle case salgono i rivoli di fumo delle stufe.
Solo adesso lasciano il paese alle spalle, imboccando un sentiero attraverso i campi.
Bambina e suo padre non parlano, il solo suono è il passo sordo dei loro stivali nella neve alta o il tonfo rado di un peso che piomba dai rami giù sulle rive.
Non esistono pini in questa radura, verranno solo tra molti anni, trapiantati da chissà chi e poi moltiplicati.
Oggi, in questo Dicembre degli anni Cinquanta, ci sono solo tigli spogli, betulle dai tronchi squarciati di nero e acacie. Molte acacie.
Lui si volta a guardarla e la vede massaggiarsi le gambe, sbuffare rossa come una mela sulla tavola di Natale.
Tu resta qui, io vado a cercarlo. Torno presto, hai capito? non muoverti per nessuna ragione.
Bambina guarda il giaccone sparire nel bosco.
Certo, se avesse lo slittino con sé il tempo passerebbe più in fretta.
Si arrosserebbe le ginocchia nella neve scivolando giù da quella riva, vah che bella. Un vero spreco.
Bambina ha uno slittino vecchio, con le lame consunte. Non che gli altri bambini abbiano di meglio: tutti così, sulla stessa barca. Almeno son pari quando fanno le gare.
Bambina abbozza un pupazzo nell'attesa: un paio di bacche per gli occhi, una foglia fradicia per il sorriso. Manca poco, ora arriva. Ne avrà trovato uno bellissimo, grande, da riempire di mandarini, campanelli e arance essiccate sulla stufa.
...adeeeste fide-e-les...la-la-la-la-la-laaaa... - canticchia - la maestra la sa bene, conosce il latino.
Guarda lì che bel passero, grasso come un tordo.
Intanto sul campo, lentamente, scende l'ombra.
Nubi compatte chiudono il cielo, più tardi ricomincerà a fioccare e forse l'indomani mattina, dopo la Messa, Bambina scenderà lungo il fiume a sfidare gli altri nella neve fresca.
Se ora si volta indietro non si vedono case, solo i ricami neri delle siepi tra i campi e la tenda scura del bosco tutto intorno.
Adesso torna, fa quasi buio.
Urca come stringono 'sti stivali. Se sfrega i piedi li sente bruciare.
Prova a saltellare sul posto, ma le gambe sono rigide, le piante dei piedi trafitte da spilli ad ogni balzo.
Si ferma, porta le mani nude alla bocca, al vapore caldo dell'alito che si condensa nell'aria.
Gioca con gli sbuffi una, due, tre volte.
Il cielo è diventato grigio come il fondo di una pentola.
Forse non torna. Oddio, forse non torna.
Forse è caduto e sta laggiù disteso sul fondo di un precipizio nel cuore della Val Grande, magari la sta pure chiamando e grida aiuto. Bambina tende l'orecchio.
Forse rimarrà lì per sempre, come le ha detto lui, non muoverti per nessun motivo, e l'indomani sarà un pupazzo di neve, con le trecce lunghe e gelide come stalattiti e le ginocchia di ghiaccio.
O forse le toccherà cercarlo, per ore ed ore, per poi  tornare a casa da sola e disperata, e lui non arriverà neanche per Natale.
Se lui non tornasse, Dio se lui non tornasse.
Bambina sente gli occhi riempirsi di lacrime, lei che non piange mai.
Neanche quella volta che il figlio dei vicini l'aveva presa in giro.
Lei, piccola com'era, gli aveva stampato uno schiaffo duro sulla guancia, e lui -il vile- era andato da sua madre. Le aveva prese, naturalmente. Solo il nonno, al momento di metterla a letto, aveva chiesto a Bambina "ma perché lo hai fatto?".
Il nonno, ah se ci fosse il suo nonno. Forse dovrebbe correre a casa ad avvisarlo, andrebbero insieme a cercarlo, lì nel nero del bosco o sul fondo del precipizio.
Oddio, il precipizio. 
Qui è tutto buio papà, sento freddo papà, sali dal burrone papà, vieni a prendermi.
Si asciuga le lacrime col dorso della manina e trema perché un'arietta gelida  s'è già alzata su dal campo, proprio verso di lei.
Si accuccia sulle ginocchia e soffia forte tra le mani.
Frrsscc. Frrsscc.
Alza la testa, non lo vede subito.
Nell'ultimo scampolo di luce la neve scricchiola via nell'aria, il vento freddo scuote una piccola bufera senza che attorno nevichi.
Poi lo vede, il giaccone. Lo riconosce d'un tratto nel turbinio della neve ghiacciata, tra fronde traballanti che lasciano cadere una pioggia fitta di cristalli.
Il giaccone, poi la barba con gli occhi nocciola e sulla spalla un ramo enorme, che striscia riverso a terra lasciando una scia di aghi e terra macerata.
Non dice nulla, Bambina con le labbra viola, quando lui si toglie il ramo dalla spalla e sollevandola se la mette in collo.
Ogni tanto lungo la strada -ancora scossa da piccoli singhiozzi- si volta a guardare il ramo che striscia alle sue spalle, nella mano forte di lui.

Il fuoco della stufa è troppo forte, scotta rovente sulla pianta dei piedini, rossi come peperoni d'estate. Bambina sente come se glieli incidessero di netto, con lame affilate.
Sua madre dice "dai qui a me" e la allontana dalla stufa.
Le sfila, pianissimo, le calze. Prende i piedi, nudi e ghiacci, si scosta il maglione e li infila sotto le ascelle tiepide e morbide.
Stanno lì così, per un tempo sonnolento e interminabile, mentre la stanza s'impregna di resina.

18 dicembre 2013

Sogni.

"Senti, lo sai come si dice sul lavoro, no?  tutti sono utili, nessuno indispensabile. Ecco, diciamo che ci sono alcuni meno utili di altri."
"?"
"Voglio dire, devi ammettere che l'altro giorno con quel documento hai fatto un po' di casino."
"Sì lo so, ma ho poche ore, troppe cose da fare, poi sono stordita da sempre, no? mica lo scoprite oggi."
"Sì ma speravamo migliorassi, poi eri incinta... che potevamo fare, lasciarti a casa?"
"Ma...e le mie competenze? la mia esperienza?"
"Competenze, competenze, ntch-ntch Susi: sii onesta. Vogliamo davvero aprire il capitolo curriculum e formazione? No perché non devo dirtelo io, no? senza offesa, ma questo tuo essere né carne né pesce -bah- che dire? non porta a molto."
"??"
"Che poi -guarda- non è neanche una questione di curriculum: sei proprio tu. Tu come persona: un po' indefinibile, un po' indefinita, senza una direzione tua. Eddai su, non devo spiegartelo io."
"Ma...ma quindi..."
"Quindi niente ci abbiamo pensato: sei fuori."
"???"
"Su dai non fare quella faccia, pensavo te lo aspettassi. Fuori dai giochi. Cerca di capire: dobbiamo espanderci, progredire, non possiamo portarci dietro palle al piede come te."
"..."
"Tu non dovrai preoccuparti di nulla, abbiamo già pensato a tutto noi. Guarda qui: sei già ricollocata. Toh il contratto."
"Ma chi? i tizi della caldaia? Quelli che hanno sbagliato preventivo 3 volte e l'hanno mandato in .xls, che avevano indicato l'iban scorretto: quelli? davvero quelli? "
"Precisamente."
"Ma io non so un cazzo di caldaie."
"Oh Susi. Piccola, candida, irragionevole Susi. Perché di altro ne capisci?"
"...ma...ma...e che contratto è? ho la retta dei bimbi da pagare."
"Oh per quello non preoccuparti: è uno stage. ma RETRIBUITO, eh!"
"??"
"...di 6 mesi."
"6 mesi? e come faccio? come faccio a ricominciare con lo stage? ci sono i bambini, e ho studiato un sacco, ho appena finito un altro corso, ho due figli da mantenere e i 40 son dietro l'angolo, presto sarò in menopausa e..."
"Sì ma non è che puoi farne una colpa a noi, eh: questo è il mercato, tesoro."



Ora.
Io lo so che questi qui che ho sognato non sono loro.
So che siamo tutti utili e anche tutti indispensabili.

Perciò -cortesemente- qualcuno lo spieghi anche a quella zoccola della mia autostima.

16 dicembre 2013

Non sai quanto.

"Smettila di tirare quel coso, ho detto."
"No che non la 'mmetto."
"Cooosaaa??"
"Ho detto no che non la 'mmetto."
"Ti ho già spiegato che è pericoloso, non voglio più ripeterlo. Smettila ORA."
"Non è pericoloso: tu sei pericolosa!"
"Su questo non c'è dubbio, tesoro. Non sai quanto."



10 dicembre 2013

Non ti ricordi?

Quando viene la notte io e Nina zi taffommiamo in cavaliei della notte, mamma. 
Abbiamo le lantenne (=lanterne) e dento zi sono i sogni e li pottiamo in ziro.
I sogni di battaglia e i sogni di paze. I sogni dei puffi. 
Lo sai cosa sono i sogni dei puffi, mamma? - No, dimmelo tu- Sono quando sogni i puffi, mamma, non ti icoddi?
I sogni di battaglia e di paze, i sogni dei puffi.
I sogni della luze e i sogni della felizità.
-E poi?-
E poi batta, è finita la 'ttoia.

4 dicembre 2013

Cento.

Nonna Profondo Nord domani compie gli anni.
Compie cento anni.
100 anni. 
Lo ripeto, nel caso non fosse chiaro.
Cento. Anni.

Mia nonna ha vissuto - da sola - più di me, Papone, Magù, Nina, e forse un paio di voi messi insieme.
Mia nonna a Napolitano lo guarda e gli fa pat-pat sulla testa, por belè.

Mia nonna è nata e cominciava una guerra, è cresciuta e c'era una guerra, un ragazzo l'ha schizzata con l'acqua passando in bicicletta su una pozzanghera, lei gli ha detto "cretino",  lui s' è innamorato e c'era una guerra. S'è sposata, ha avuto una figlia e c'era una guerra. Il ragazzo della pozzanghera e sua figlia sono andati e non c'era più la guerra.
C'era solo lei.

Mia nonna ha avuto due mariti e tre figlie.
I mariti tutti e due bellissimi, lei carina. 
Ancora le diciamo che non si spiega bene la botta di culo, così la facciamo incazzare.
Il primo le spediva queste lettere ardenti dal fronte, che una volta mi sono capitate per mano e m'è caduta una tegola in testa quando ho capito cosa chi scriveva a chi.
Per me da sempre lui è Lo Zio S., e solo da grandicella ho capito che non eravamo parenti. 
Abbiamo una sua foto, insieme alle altre, giovane e borghese, con dita da pianista. 
Gli vogliamo tutti bene.
La prima figlia era bionda, selvatica e sfacciata come mia madre, ma è morta a 5 anni, e nessuno a lei ha potuto rinfacciare che era bionda, selvatica e sfacciata.
Abbiamo una sua bella foto mentre sta in piedi coi calzini bianchi vicino a un grande vaso di coccio in giardino, la teniamo insieme alle nostre e le vogliamo tutti molto bene.

Mio nonno - quello comunista e bellissimo che era una via di mezzo tra Sean Connnery e Vladimir Ilic Ulianov Lenin - l'ha conosciuto per via degli uccelli, che detto così pare brutto ma è vero.
Mio nonno parlava agli uccelli, mica per scherzo.
Ne aveva tantissimi, in gabbiette di legno che per anni dopo la sua morte hanno continuato ad affollare la serra e il garage.
Una volta mia madre bambina ha aperto tutte le gabbiette e quelli sono volati via tra gli alberi lì attorno.
Mio nonno è stato fuori per ore, li ha richiamati fischiando, ognuno con il suo verso, e loro sono tornati tutti uno a uno.
Quando è rientrato mia nonna stava incazzata nera perché era buio e la polenta era fredda. 
Questa è una di quelle leggende bellissime e tristi che si tramandano nella mia famiglia un po' come in tutte le famiglie del mondo e se qualcuno prova a mettermela in dubbio è un paramecio. Mia mamma giura che è tutto vero.
Insomma lui aveva questi uccelli e voleva a ogni costo farglieli vedere perché era convintissimo fossero belli e affascinanti quasi quanto le magnifiche sorti e progressive della rivoluzione russa.
A lei -si capisce- gliene fregava meno di nulla, ma lui era bellissimo, e convintissimo dei suoi uccelli e molto profondamente comunista. 
Lei era carina, sola, borghese dentro, e si sono trovati.

I miei nonni hanno lavorato come cani per anni e alla fine hanno costruito la casa in cui anch'io sono cresciuta.
Lei raccoglieva ancora fagiolini nel campo quando le sono arrivate le doglie ed è tornata dentro a partorire la sua seconda figlia.
Lui ha finito di lavorare, è andato al bar, ha chiamato gli amici della caccia a casa a brindare, e mia nonna ha spinto fuori mia madre ululando mentre un folto numero di afecionados della cooperativa pirlava appena fuori dalla stanza.

Due figlie, due matrimoni, vari espatrii, due case e due nipoti dopo, alla fine anche mio nonno è andato.
Per anni, dopo, siamo rimaste solo noi.  Noi quattro, sole. Solo noi quattro.
Pranzo, cena, stira, metti a posto, nonna firmami tu la giustifica che mamma s'è dimenticata -Induè ceh jin i me ugià? Ishtufanìn. - Non lo so nonna dove sono gli occhiali, ma fai in fretta. Ecco, così: pure sghemba, non importa. 
Mia nonna quando ci chiama ci chiama tutte, in fila, per non sbagliare.
I nostri nomi le sono incisi dentro, io lo so. Tatuati addosso.

Mia nonna fa battute sceme, solo perché si diverte a risponderti a cazzo:

Tu, gentile: "Ciao nonna, che fai?"
Lei, incazzata:"Shchivi." (=schifo)
Tu, incazzata: "Sempre di buon umore, eh?"
Lei contenta.

La fanno ridere tutte le barzellette che parlano di cacca, pipì, pupù. Ma soprattutto cacca.
Una volta dal ridere ha perso la dentiera sul tavolo.
Mia nonna sale da sola sull'autocarro di mia madre, con 2 cani dietro, 3 bambini e quattro arnie.
Mia nonna mi dice sempre che lei s'è l'è guadagnato, il diritto di dire le cose precisamente come stanno, ossia -nella sua testa- come lei le pensa.
Mia nonna fumava Marlboro Light e amava viaggiare il mondo: seguirci in Africa è stato credo uno dei più bei regali che la vita le abbia fatto. Che lei si sia fatta.
Mia nonna ora non ci vede bene, neanche con gli occhiali, ma leggeva Liala, la Deledda, la selezione Reader's Digest e Hemingway. 
A mia nonna piacevano di brutto Rete4 e Grecia Colmenarez e ora le tocca ripiegare su Terra Nostra, poi dici la vita è zoccola.

Mia nonna è piccola e tutta bianca.
Col mondo spesso e volentieri è una stronza, ma ci sarebbe da chiedersi quanto ne sappia lei, di quanto è stronzo il mondo.
Invece a noi - alla famiglia - mia nonna ci ama. 
Ammazzerebbe per noi, e non è un modo di dire. Mia madre soprattutto è oltremodo sua. 
Noi siamo suoi, tutti quanti. Figli della vita sua.

Mia nonna mi chiama Nini e Nina invece è La Popa o  La Titina.
Mia nonna mi ha cresciuta, sfamata, lavata, sfebbrata, mi ha portato il brodo a letto e la camomilla coi fiori del giardino, mica la Bonomelli.
Insieme abbiamo guardato Il pranzo è servito, La Corrida e tutti i film di Bud Spencer.
Con mia nonna ho aspettato fuori dalle piramidi.
Con mia nonna ho gridato, ho pianto. A mia nonna ho chiesto scusa. 
A mia nonna io l'ho lavata, l'ho curata, l'ho sfregata con l'accappatoio e le ho messo la canottiera di lana pulita a riscaldarsi sul calorifero.
Qualche settimana fa Nina è stata male, ho preso un bruttissimo spavento.
Lei c'era e quando mia madre ha detto "è tutto passato, stai tranquilla, ora dobbiamo tornare a casa" lei ha risposto: "Ti ta set mata, non la lascio mica sola. Nini: ci sto io qui con te."

Mia nonna è piccola, ma cammina in faccia ai re.

1 dicembre 2013

Il mio zaddino osso.

Magù disegna sul cartoncino giardini rossi tutti suoi.
Sono i giardini della sua immaginazione, della sua testa incontaminata.
Sono luoghi che intuisco soltanto e in cui mi deve guidare, come una cieca.
Lui è capriccioso, iracondo, sensibilissimo, disobbediente e un po' nevrotico.
Ma ha rossi giardini interminabili nella testa, porca miseria.

Dicembre.

Dicembre è iniziato e noi abbiamo perso il calendario dell'avvento di legno che ogni anno riempivo con noci, caramelle,  monete e cioccolatini.
Domani andrò al supermercato e comprerò uno di quei cosi tristi con renne glitterate dappertutto e col cioccolato al latte scadente dentro, quello che arrivato al giorno di natale trasuda la patina bianca burrosa.
Non guardatemi con quella faccia, se fossi in grado di fare questo a quest'ora sarei una craft blogger strapagata e nella peggiore delle ipotesi voi comprereste i miei sacchettini su etsy, nella migliore mi guardereste crearli su RealTime.

E ora se non vi dispiace c'è Giovani, carini e disoccupati su ClassTV e gli anni '90 mi chiamano.

25 novembre 2013

Nulla di cui mi debba preoccupare.

"Ok, eccomi. Dimmi tutto, sono pronta."
"Bè, quello che ti devo dire già lo sai. Noi la chiamiamo "la tempesta", "la piccola belva", "la ruspa", e nessuno di questi è un nomignolo a caso. Spero non t'offendano, sono nomignoli affettivi."
"No, prego. Fate pure, io vi capisco."
"Insomma ti avevo già anticipato: ultimamente ha l'abitudine di prendere la rincorsa e  buttarsi a testa bassa contro i suoi compagni più grandi. Quando li vede crollare come birilli si mette a ridere con enorme soddisfazione. Inspiegabilmente, loro pure. Sì, ogni tanto morsica, ma non è delle più terribili, in ogni caso almeno questo è in linea con la fase evolutiva che sta attraversando. E' un vulcano, una motofalciatrice, è una tempesta di energia e di forza, una tritasassi che spiana qualunque cosa trovi sul suo cammino. Se la sgridi reagisce con forza, oltraggiata. Quando esco dalla stanza- se lei ritiene che sarebbe stato doveroso ottenere il suo preventivo permesso- urla per richiamarmi ai propri ordini.
E' forte, molto forte e volitiva. Ha cominciato a giocare con qualche bambola: le bacia, le coccola, le abbraccia. Poi a un certo punto le piazza tutte in fila davanti a sé e col dito puntato gli fa "pépépépé", come a fargli il mazzo.",
"Sì. hem, lo so, lo so. Ci sto lavorando, ogni santo giorno. Ha bisogno di essere regolata, sempre. Ha bisogno di poche parole, poche regole, ma semplici, e io ci sto provando. Credimi, io..."
"Quello che non ti ho detto è che non ha paura di nulla. Che come ti metti a spiegarle una cosa bè- lei l'ha già capita. Che in classe fa ridere tutti, noi e gli altri bambini. Che se la responsabilizzi e le dici "Vieni Nina, si va a fare questo" lei ti segue, non aspetta altro.
Quello che non ti ho detto è che è parecchio avanti per la sua età -forse grazie al fratello maggiore -ci sta- ma anche per sua personalità propria. Che è indipendente, selvaggia, autonoma, casinista, curiosa, che ha un sacco di voglia d'imparare e lo fa in fretta.
Che noi siamo -davvero- siamo contentissime di lei. E non c'è nulla di cui tu ti debba preoccupare."


21 novembre 2013

Per i tuoi grandi occhi.

C'è una mattina nuova di smalto là fuori e io ho il cuore un po' a pezzi e un po' che sorride.
Questa -Wide- oggi è solo per te.





Grazie, donna meravigliosa. Grazie.

7 novembre 2013

quando non ci sei.

Quando tu non ci sei mangio da sola davanti al computer e lascio i piatti nel lavello.
Quando tu non ci sei sto comoda nel mio limbo di singletudine, a lasciar i peli ricrescere, sfrenati e selvaggi.
Quando tu non ci sei il mocho sta fisso nella doccia, perché a me non da noia anzi mi torna comodo.
Quando tu non ci sei la casa è mia e faccio ciò che voglio.
Quando tu non ci sei tu non ci sei e ci sono solo io.
Se la notte arriva quello piccolo lo sento arrotolarmisi intorno, allora mi piego su di lui e gli annuso la testa: come fanno da secoli tutti i mammiferi del mondo, nel gesto più antico di sempre.
Siccome tu non ci sei non posso chiamarti col piede, allora  lo prendo -pesante com'è- e lo riporto in camera sua. Passando sul tappeto calpesto un cavaliere del lego la cui lancia mi si conficca nel piede. Silenziosamente bestemmio e lo appoggio.
Quando tu non ci sei torno e dormo dalla mia parte del letto, ma la tua è fredda.
Quando tu non ci sei gioco a ruzzle sotto le coperte, sfrenata e selvaggia, fino a tardi.
Quando tu non ci sei guardo vecchie commedie sentimentali in seconda serata e m'imbruttisco abbestia perché io non sono jennifer lopez, tu non sei richard gere e nessuno dei due sa ballare il tango.
Quando tu non ci sei e devo fare una cosa importante che non ho voglia di fare, mi prende come un groviglio di lana nella pancia e resto nervosa e incarognita tutta la mattina.
Se invece ci sei penso che la fai tu e basta.
Quando tu non ci sei se mi dai fastidio spengo la chat e sono da sola.
Quando tu non ci sei lavoro con la radio accesa e faccio pausa stendendo i panni.
Quando tu non ci sei potrei stare senza di te per giorni perché so stare da sola, so fare tutto da sola.



D'altra parte - quando torni e sento la macchina che arriva - salto i bambini, schivo la ruspa, atterro sul tappetino, chiudo la porta e davanti allo specchio mi sciolgo i capelli pizzicando le guance.


31 ottobre 2013

Pensavo fosse sfiga invece era un calesse.

Su questi giorni strani m'appoggio.

Ho fatto un sogno, l'altra notte.
Ero incinta ma qualcosa non andava. Qualcosa, dentro di me, non funzionava.
Abortivo lì, sul tappeto verde in bagno.
E quando lo vedevo a terra e gli guardavo il viso bello, da quell'istante in poi lo amavo.
Lui sì, per la prima volta, da subito, lo amavo senza conoscerlo. Non una goccia meno degli altri due.
E' stato allora che è arrivato il dolore, a detonare dentro.

Pensavo fosse sfiga invece era un calesse.

Mi sono presa la mattina e ho portato Nina a fare il vaccino.
Ha  scatarrato sul camice del medico che le ha controllato i polmoni e ci ha rimandate a casa.
Pensavo di essere indietro col lavoro,  pensavo come faccio a portarla dalla pediatra adesso, pensavo ma pensa te che  stronza che non ti sei manco accorta del catarro, pensavo certo che c'hai una sfiga.
Invece poi abbiamo pranzato insieme e lei sedendomi davanti succhiava spaghetti e sorrideva arricciando il naso. Si è pure messa un dito nell'orecchio e  lo girava per dirmi ch'eran buoni.
Io di solito pranzo da sola.

Cose che solo io.

Le inette come me decidono così- su due piedi- di preparare il pan di mort.
Siccome e precipuamente perché sono inette non lo fanno dopo una spesa ragionata ma così, proprio ad minchiam, col neurone a intermittenza e la dispensa come la trovano.
E non c'hanno i fichi secchi ma vabbè la marmellata.
E non c'hanno  gli amaretti ma vabbè  il grancereale (?).
E non c'hanno il savoiardo ma vabbè c'ho i biscotti (??).
E non c'hanno il vin santo e vabbè c'ho quel mezzo grappino fatto in casa.
E non c'hanno lo zucchero e vabbè - no, 'spetta- cazzo. Non c'ho lo zucchero.

Cose che solo io - due.

Ho fatto vedere a Magù questa foto e gli ho detto che trovo sia bellissima, e intensa, e ritoccata in postproduzione,  e tuttavia simmetrica, commovente, perfetta.
Dico magari ci andiamo un giorno io te e Nina e il babbo in South Dakota, al confine col Minnesota.
Perchè no, chi ce lo impedisce, dico io. Ci andiamo pure noi e fotografiamo la luna gigante e i coyote, se ce li troviamo.
Dico domani in ogni caso la disegniamo insieme, lui  pastrugna l'orecchio e fa sì con la testa.
Io mi tranquillizzo.




Comunque lo avete capito -sì ?- che m'è arrivato il ciclo.

22 ottobre 2013

Nella notte.

Ho sentito un colpo e mi sono alzata.
Di solito non ho paura, neanche se siamo da soli. 
Mr Google non è un un chiwuawa, non ci vede un cazzo ma ci sente benissimo.
Sono andata nella camera dei bambini: dormivano.
Mi è presa come una sorda inquietudine, quando cominci a pensare le cose brutte.
A me Chil'havisto? mette l'angoscia. Gesù - solo la musica mi mette un' ansia maledetta.
E' bastata la pubblicità ieri sera e avevo il visino di quella bimba bionda in Grecia stampato nella testa.
Sono tornata a letto per rigirarmici, controllare la sveglia sul cellulare, aspettare che venisse l'ora.
Non l'ho aspettata. Mi sono alzata.
Ho acceso il caffè in silenzio, facevo attenzione a non svegliarli.
C'era solo lo spaccacazzi dell'Arturo che voleva da mangiare, e una cimice sul barattolo dell'aglio.
E' pieno di cimici, quest'anno. Chi vive in città non lo sa. Io non lo sapevo.
In città sopravvivono solo mosche e zanzare. In campagna ho riscoperto una moltitudine d'insetti dimenticata. Arrivano coi primi freddi, quando cercano riparo tra le persiane, a ridosso dei muri che trasudano calore. Questo è l'anno delle cimici e anche di quelle altre specie di coccinelle, però lunghe, più brutte.
Ho bevuto il caffè e l'ho zuccherato più del solito, magari aiuta, ho pensato.
Ho aperto solo mezza persiana, e sono stata lì ad aspettare la luce, ma è arrivata solo dopo, quando i bimbi erano già svegli, e ormai non me ne facevo più niente.

Non so.
Sarà l'autunno (e le morte stagioni, e la presente, e viva e il suon di lei).
Sarà la Mazzantini, che dici sì, ok. Però tutti 'sti aggettivi, tutti 'sti dettagli.

Ho guardato l'orologio ed era l'ora.
Ho cominciato a preparare la colazione, senza far più attenzione a non farmi sentire.
Lei s'è svegliata.
Aveva una guancia soda, fresca, col segno del cuscino, lo sguardo stropicciato.
Gliel'ho baciata.
Dio quanto l'ho amata.






16 ottobre 2013

7 cose che non vi ho mai detto

1. I test mi mettono ansia. Qualunque tipo di test, anche quelli psicologici tipo Rorschach che devi vedere le figure nel foglio diviso a metà.
Quelli che ti dicono "non preoccuparti, non c'è una risposta giusta o una sbagliata" ma quando poi dai la tua risposta quelli fanno la faccia rigida per non farsi capire e io da bimba stavo lì con le mani sotto le cosce tanto per far qualcosa, a sperare di averci azzeccato.
Quello dove il cattivo giudizio non era strana, un po' nevrotica, eccentrica perché il nevrotico eccentrico ha in sé la stilla della creatività, del genio incompreso, brilla di luce propria.
No, la paura non detta era che pensasse solo Banale. Esattamente come tutti gli altri.
Perché l'eccentrico fa figo, il banale fa solo triste.
Ti fa sentire piccolo, comune e quel che è peggio non indispensabile.
Che poi il test in questione non c'entrasse una sega con la valutazione dell'eccentricità o banalità di una persona è un dato che esulava completamente dalla mia dubbiosissima, ansiosissima, paranoica autostima.

2. Ho avuto un periodo winnie the pooh, e speravo di poterlo tenere nascosto. Ma mi stava qui come una spina nel fianco, e finalmente l'ho detto.

3. Alcuni uomini mi hanno fatto un po' male. Parecchio male.
Nella maggior parte dei casi ho finito per vergognarmi per loro. Non ho rancori.
Solo a uno gli sputerei ancora dritto nell'occhio.
E' quello che mi ha fatto vergognare di me stessa.

4. Andavo a cavallo. Ero proprio portata, secondo me.

5. Una volta da piccola ho barattato Memole per Luis Miguel.
Lì è stato il momento in cui ho smesso di essere bambina,  mi sa.
Quando preferisci un bel topolone messicano a un'elfa nana coi capelli viola vuol dire che ti sei giocata l'infanzia, ragazza mia.

6. Tutte con 'sto spritz.
Spritz di qua, spritz di là.
A me ad esempio lo spritz mi fa cacare.

7. Una volta ho inavvertitamente irretito un giovane padre in treno.

Se il post non v'è piaciuto è colpa di Velma che mi ha dato un premio.

baci. notte.


p.s. postscriptum mattutino
Mi sono dimenticata che dovevo rilanciare il regalo ad altri blogger.

Allora rilancio a raffaella , sfolli e mammapiki che hanno commentato per prime.
E poi per parcondicio mi serve un uomo e quindi rilancio pure al gae.

14 ottobre 2013

Dunque stiamo messi un pochino sotto stress a livello lavorativo.
Nonna Oroscopo invece ha portato a casa un trattore di seconda mano ed è più contenta di una fashion blogger con un paio di loboutin ai piedi. Si sa che i gusti.
Ci siamo lasciati alle spalle tutti gli appuntamenti di lavoro, il parentado acquisito, le prealpi e la valle del Po ma non la sinusite.
Quei due là sono tornati a scuola.
A me mi si spacca la testa tanto che non solo penso "a me mi", ma addirittura lo scrivo.

Voi ridete e scherzate, ma là fuori c'è chi non ha ancora fatto il cambio degli armadi.




7 ottobre 2013

La canzone della regina.

Cognata, con Magù in braccio: "Sai l'inglese? ma davvero? che bravo, te l'ha insegnato mamma? com'è  che fa la canzone della regina?"

Susibita: "He? Uh?"

Cognata: "Il God save the Queen, dai."

Susibita: "Ah sì. - mette le mani in posizione da assolo- Tumtum-tamtam, God save the queeeeen, the fa-scist re-giiime...they made you a monroooe...NOO-OO fuuuutuure, NOO-OO fuuuture..."

Cognata: "..."
NonnaPensaciTu:"..."
Altri parenti attorno al tavolo:"..."

Susibita: " Ah. hem. Intendevi l'inno, forse."

Papone rotolantesi in un angolo.
Che poi - a ben vedere - è colpa sua se conosco i Sex Pistols.


1 ottobre 2013

I piedi si parlano.

Questo è il tempo delle consegne, il tempo del non c'è tempo.
Questo è il tempo dell'aumento d'iva, degli appuntamenti a nastro, dell'ansia da prestazione.
Questo è il tempo dei rendiconti. Di vedere se hai investito giusto oppure no, se invece hai sprecato il tuo tempo, il tuo preziosissimo tempo, e basta.
Quando Susibita diede l'ultimo esame in università pensò "è finita, non sarà più così. Basta. Niente più strappi alla pancia, come se ti tirassero per l'ombelico. Sarà dura, ma mai più così."
Era una cazzata, naturalmente.

Vorrei essere Nina.
Rubare ciucci, scappare via ridendo lasciando i miei compagni in lacrime, prendermi la cazziata dalle maestre. Avere questo come mio problema più grosso.
Vorrei vivere in Nina, nel suo mondo di ruspe selvagge, di moccoli e baci.
Oppure dentro quell'altro, che ha due piedi che si parlano, la notte.
Mi riferiscono di gran discorsi, sotto le coperte.


25 settembre 2013

Mentitemi, piuttosto.

Sono certa che sarà capitato anche a voi di dimenticarvi di vostro figlio alla fermata del pulmino.
Vi sarà certamente successo di essere completamente, candidamente ignare dell'esistenza di qualunque altra cosa nell'universo salvo la vostra casella mail, la chat coi colleghi e il tizio della banca al telefono.

Naturalmente capite bene la sensazione d'irritazione che in quel frangente può suscitare il ripetuto suonare di un clacson di fronte al vostro ingresso, e immagino che anche voi l'avrete comprensibilmente liquidato con un infastidito 'fanculo le melanzane, presumendo si trattasse del furgoncino dell'ortolano e non dell'autista imbestialito del sopraddetto pullmino - ora incastrato in mezzo alla via, il vecchietto volontario che fa assistenza ai bimbi con la mano destra schiacciata sul vostro campanello e quella sinistra in quella di vostro figlio: piccolo, attonito, ingrembiulato.

Io non ve lo dico come mi hanno guardata.
Non ve lo dico perché -ne sono certa- lo sapete meglio di me, immagino.
Ma soprattutto non vi descrivo il faccino dell'ingrembiulato, in quel grembiulino più grande di lui, il visino appuntito, gli occhi enormi, giganti.

Sono certa che mi capite.
E se non mi capite, mentitemi, piuttosto.

17 settembre 2013

Un vero artista (lasciatemi qui).

"Ssapone".
"Bravissimo. Ora Ssscudo."
"Ccudo."
"No Ccudo, Scudo."
"CCudo."
"SScudo."
"Kccudo."
"Ma come mai non ci riesci? scusa sei bravo a dire ssapone, perchè non sscudo?"
"E' pecchè sono un veo attitta, papà."

Lasciatemi qui.
Qui immersa nel buio, con gli occhi appoggiati a quel triangolo di luce dalla porta aperta del bagno.
Lasciatemi qui.
Non mi alzo neanche a spiegare a quell'altro perché non ci riesce, l'esistenza di fricative, sibilanti o meno, o quelle altre, le velari, come si chiamavano.
Non importa, chemmifrega, adesso.
Sono buffi. Li voglio così - tutti e due - neanche una virgola diversa.

Lasciatemi qui, sotto le galoppanti nuvole di Settembre, sotto i suoi cieli smaltati.
Così, a guardarmi i piedi e rigirare le mani mentre il mondo si sveglia all'inverno e prende a pulsare.
Lasciatemi qui, è tardi per iscriverlo in piscina, musica o che.
Staremo a casa, andremo nei boschi, ascolteremo le foglie cadere.
Checcifrega, a noi, adesso.

13 settembre 2013

Ribelle.

Susibita capelli corti, faccia da bimba.
Susibita  gazzelle nere, sveglia alle 6 a studiare l'aoristo.
Susibita ma che tipo è Susibita? raccontami un po'. Susibita è come la vedi. 
Susibita  che pulisce le stalle.
Susibita senza patente, in sella a un vecchio.
Susibita senza talenti.
Susibita brava ragazza.
Susibita lenta - troppo lenta - a costruirsi la corazza.

Susibita che una sera a settimana scendeva in cantina,  si sedeva su un cadreghino e  picchiava come un'indemoniata questa roba:

http://www.youtube.com/watch?v=CkFH0KMO0G0

Poi niente, andavano avanti circa 2 o 3 ore così,  col cane che non si scollava dalla grancassa manco a pagarlo.
Alla fine, quando mancavano 5 minuti al coprifuoco musicale, lei  si alzava, apriva la porta della cantina, si accertava che restasse ben spalancata, poi prendeva il microfono e cantava:

il vicino è mio nemico non lo posso sopportare,
in un modo o nell'altro io lo devo elmiminare
al vicino puzza il fiato e gli puzzano le ascelle, 
sono queste le due cose che mi rendono ribelle.






11 settembre 2013

Il latte, i biscotti, i criceti morti e tutto ciò che serve sapere.

Ho letto questa cosa ieri, seguendo un link di un link da non so quale profilo twitter.
Ovviamente non sono riuscita più a recuperare la blogger che l'ha postato ma ho ritrovato  il testo googlando.
Sono i giorni appropriati per pubblicarlo, magari tutti lo conoscete già ma io l'ho letto solo ieri.
Mi ha fatto sorridere.
Come tutte le cose belle, un po' tristi, e molto vere.

La massima parte di ciò che veramente mi serve sapere su come vivere,
cosa fare e in che modo comportarmi l'ho imparata all'asilo.
La saggezza non si trova al vertice della montagna degli studi superiori,
bensì nei castelli di sabbia del giardino dellinfanzia.
Queste sono le cose che ho appreso:

Dividere tutto con gli altri.
Giocare correttamente.
Non fare male alla gente.
Rimettere le cose al posto.
Sistemare il disordine.
Non prendere ciò che non è mio.
Dire che mi dispiace quando faccio del male a qualcuno.
Lavarmi le mani prima di mangiare.
I biscotti caldi e il latte freddo fanno bene.
Condurre una vita equilibrata: imparare qualcosa,
pensare un po' e disegnare, dipingere, cantare,
ballare, suonare e lavorare un tanto al giorno.
Fare un riposino ogni pomeriggio.
Nel mondo, badare al traffico, tenere per mano
e stare vicino agli altri.
Essere consapevole del meraviglioso.
Ricordare il seme nel vaso: le radici scendono,
la pianta sale e nessuno sa veramente come e perché,
ma tutti noi siamo così.
I pesci rossi, i criceti, i topolini bianchi e
persino il seme nel suo recipiente:
tutti muoiono e noi pure.
Non dimenticare, infine, la prima parola che ho imparato,
la più importante di tutte: guardare.

Tutto quello che mi serve sapere sta lì, da qualche parte: le regole Auree, l'amore, l'igiene alimentare, l'ecologia, la politica e il vivere assennatamente. 
Basta scegliere uno qualsiasi tra questi precetti, elaborarlo in termini adulti e sofisticati e applicarlo alla famiglia, al lavoro, al governo, o al mondo in generale, e si dimostrerà vero, chiaro e incrollabile.
Pensate a come il mondo sarebbe migliore se noi tutti,
l'intera umanità, prendessimo latte e biscotti ogni pomeriggio alle tre e ci mettessimo poi sotto le coperte per un pisolino, o se tutti i governi si attenessero al principio basilare di rimettere  ogni cosa dove l' hanno trovata e di ripulire il proprio disordine.
Rimane sempre vero, a qualsiasi età, che quando si esce nel mondoè meglio tenersi per mano e rimanere uniti.

di Robert Fulghum

6 settembre 2013

Come i cani.





Quando avrò finito di fare come i cani, che dormono all'ombra di una macchina e poi inspiegabilmente si alzano, attraversano la piazza torrida e crollano di nuovo, ma all'ombra dell'aiuola.
Quando avrò finito, e l'ultimo ultimissimo momento a brancolare sotto il sole sarà andato anche quello.
Quando sarà alle spalle e subito dopo autunno e il giorno dopo la notte di Natale.
Forse allora, dico forse, avvertirò - remota, flebile- l'urgenza di chiamare il nido e avvisare che lunedì non ci siamo.



19 agosto 2013

Ma io stasera.

Ho finito di lavorare alle 19.30.
Ho il raffreddore, il mal di gola, il mal d'orecchi e il cranio spaccato in due dalla sinusite.
Mi lacrimano gli occhi e ho preso una tachipirina 500.
Ho un senso di colpa agghiacciante per via dei bimbi da mia madre in stazione permanente e il mio continuo avanti-indietro.
I peli mi ricrescono e l'aggravante sono le gambe non abbronzate.
Sono acida e incazzata, soprattutto con voi tutti che postate foto in spiaggia.

Ma io stasera chiudo le valigie.
Ohhssì che le chiudo.
Poi -giuro- spengo anche il computer.

12 agosto 2013

Il lavoro secondo mia madre.

Nonna Oroscopo è connessa.
"Finalmente! Così potete lavorare anche da qui e nelle pause stiamo insieme!".

Segue la cronaca della prima ora e mezzo.

h.10.00

"Caffè? l'ho appena fatto. Che fate? Siete molto presi? Oh ma avete visto quant'è bellina Nina tutta nuda come un verme? Cosa facciamo per cena stasera? Lo sai che passano a trovarmi gli ungheresi dell'anno scorso? "

h.10.40

"Magùùùù! Ninaaaa! Venite qui!! Dove sono andati? non posso neanche andare in bagno. Ma voi una pausa non la fate mai? Sono ORE che siete chiusi qui dentro. Avete visto i bambini, per caso?"

h.11.15

"Certo amore che puoi andare su dalla mamma, sta lavorando ma vedrai che non la disturbi...vero che non ti disturba? Per stasera avrei pensato a prosciutto e melone, però che palle con sta cosa che non mangi la carne. Che c'è? cazzo di carattere che c'hai, se ti do fastidio basta dirlo, eh."

"Mi dai fastidio."

"Stronza."

6 agosto 2013

Pensieri dall'orto.

Magù aveva un cappello a forma di vaso rivoltato, e una lunga stretta foglia a fargli da piuma.
Era biondo, piccolo e snello con grandi occhi verdi.
Magù credeva alle lucciole da accendere, alla sua cannuccia a forma di spada e alle brucomobili che sfrecciavano nell'orto.

Magù aveva molti pensieri felici, e uno brutto, che gli camminava accanto.
Non sapeva come fare a liberarsene.
Provò e riprovò a cacciarlo via, ma non c'era verso.
Allora pensò che forse era più semplice lasciarlo lì dov'era, a rimuginare da solo.
Infilò i suoi stivaletti retromarcia che gli aveva regalato la nonna - per quando sentirai il bisogno di tornare a casa tua, gli aveva detto - e quelli schizzarono via all'indietro, come saette.

Quando arrivò, sua sorella stava trafficando tra i pomodori, pensierosa.
Le si avvicinò e tirò fuori dalla tasca un soldatino giallo sorridente, il suo primo pensiero felice.
"Un biccotto al calzino bagnato e crema pattizzera" - le disse ridendo.
Poi raccolsero i pomodori caldi di sole e, addentandone uno a testa, si volsero verso casa chiamando forte Barbeque il cane, perchè li raggiungesse.

31 luglio 2013

Inutili riflessioni potteresche.

"Epppetto...Patoonum!!!"


Magù ha scoperto Harry Potter.
Siamo finiti.

Susibita è caduta a capofitto nella ri-lettura bulimica dell'intera saga.
Sostiene un'affinità elettiva col piccolo occhialuto da quando ha scoperto che entrambi hanno commentato allo stesso modo il loro primo bacio.
Nonostante istintiva diffidenza per i luoghi comuni e diretta esperienza di un ramo della famiglia stabilmente residente in UK -inlcusi parenti autoctoni con maniacale passione per igiene personale e cura della casa - Nonna Oroscopo non ha potuto far a meno di metterle la ben nota pulce nell'orecchio evidenziando un dettaglio che si presenta su un piatto d'argento per i Sostenitori della Negligenza Igienica Britannica, che poi sarebbe il seguente.
La Rowling - sia benedetta lei e tutta la sua stirpe per avermi regalato il binario 9 e 3/4, la burrobirra, Neville Paciock e quella gran figa della Professoressa Mc Grannit - descrive nel dettaglio le pietanze di ogni singolo banchetto, quante volte a settimana c'è lezione di Trasfigurazione, i punti di Grifondoro a Quidditch, ma mortacci eva se si fanno una volta la doccia.
Che mi risulti Harry entra in una vasca da bagno solo per scoprire la tappa successiva della gara nel Calice di Fuoco.
Il che - a essere pregiudizievoli - fa molto British.
Oppure è un caso.
Oppure Nonna Oroscopo non c'ha un cazzo di serio cui pensare.

23 luglio 2013

Un po' tipo te.

Questa cosa che guardo Nina e mi sembra bellissima mi fa pensare a quella volta che mia madre aveva i vicini ungheresi.

"Ieri mattina presto lui è uscito credendo che non ci fosse in giro nessuno ed era nudo come un verme, ma l'ho visto solo da dietro."
"Bhe t'è andata bene, dai. Lui mi sembra un bel vedere. E lei com'è?"
"Lei? carina. Mora, snella: un po' tipo te, solo un po' più alta."

Alla sera li invita per un caffè.
L'ungara si alza per presentarsi.
E' 1.75 di gambe sode e muscolose, con un vestitino che a stento contiene una terza abbondante totalmente immune alla legge di gravità. Ha lunghi capelli neri lisci, annodati in una perfetta coda di cavallo, la pelle di una 25enne.
C'ha più sex-appeal l'ungara nel suo lobo destro che io in tutta (?) la mia interezza.

Ora io non è che voglio fare la polemica a tutti i costi.
Non dirò che sono un cesso paura perché ho imparato a amare tollerare i miei limiti.
Diciamo che usando un eufemismo sono tascabile.
Non usandolo, le arrivavo all'ombelico.

Di quale pesante sostanza si faccia mia madre, è la domanda che vi pongo.
E rilancio: fanno così anche le vostre?
E poi: sono solo le madri italiane? oppure -secondo voi- anche le ungare?
Diventerò come mia madre? Nina in realtà ha la faccia da prugna?

Ma soprattutto: se siete alte un metro e un fagiolo, da 1 a 10 quanto vi sta sul culo l'espressione nella botte piccola c'è il vino buono?

22 luglio 2013

Quello che è ritornato e quella che fa paura.

Lui è tornato.
Si affaccia a tratti, ma sempre più spesso.
Mi avevano detto che fanno così: tra i due e i tre anni stanno via per un po', lasciando al loro posto un tizio petulante, capriccioso ed egocentrico che poco ha a che fare col figlio che conoscevi.
Non che lui sia stato solo questo, no. Sarei ingiusta. In realtà non se n'è mai andato, lo so. 
Ma alcuni mesi,  in alcuni momenti, è stata dura. 
Alla fine di certe giornate, alla fine di certe scenate, io lo guardavo, scosso dal pianto, stufo di sé stesso, stanco delle sue stesse richieste, del suo non poter vincere sul mondo ad ogni costo, del suo arrendersi al compromesso, del suo finire lì, a singhiozzare sulle piastrelle.
Lo guardavo ed era un po' dura, riconoscerlo.
Ora non è che non si contorca più sulle piastrelle. Lo fa più raramente.
Ora non è che non sia egocentrico, ma a volte riconosce quando fermarsi.
Ora non è che non dica di no, ma spesso dice di sì.
Ora non è che non imbracci bastoncini, fusili e non parta contro il mondo lanza in retta. 
Lo fa. Ma è solo UN gioco, non LA sua ossessione. 
Ed è allora che ritorna.
Ritorna quando si siede sul water e si legge il libro da solo a voce alta, per una quantità di tempo smodato: 15 minuti.
Ritorna quando difende sua sorella, ma con l'arma più nobile che abbia usato sinora, che nessuno ppadino eguaglierà mai: la parola.
"Lassa ttae mia soella. Lassala tttae, HO DETTO." [a un 4enne che non voleva far entrare Nina nell'angolo giochi ikea]
Ritorna quando non si accorge che sua madre è una fetentissima schiappa a guidare il quod: per lui lei è bravissima, per lui siamo fottissimi, siamo i più fotti.
Ritorna quando mi bacia: una, due, cinque volte.
Quando mi chiede dal nulla ti icoddeai sempe di me? non mi lasseai mai? 
Quando la nostra casa è un castello e Google il suo destriero.
Quando lo sai pecchè non ho paua? pecchè sono coazzoso.
Quando vadda mia soella che bava che è.

Ora io non è che non ti ho amato. Mi stavi sui maroni e ti avrei preso a randellate in testa ma ti amavo follemente, ti amavo più che mai.
Ti avrei amato comunque, pessempe.
Però grazie, che sei tornato.


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Nina fa tutto da sola, fa tutto lei.
Nina non vuole il seggiolino, sta sulla sedia, in piedi.
Nina non vuole il cucchiaio, preferisce la forchetta.
Nina se provi a imboccarla ti guarda con la faccia che dice così: stai scherzando, vero? è una battuta?
Nina sale sul quod.
Nina se le togli il retino ringhia.
Un signore l'ha osservata un po'. 
"Quanto hai detto che ha?"
"Ha appena fatto un anno."
"Ah. Il guaio è che ha pure quegli occhi lì. Non so cosa ne sarà dell'uomo che l' amerà, poverino."
Nina fa paura.

E di sicuro per molti è solo normale.
Ma per una come me, abituata che si cammina a 15 mesi, si parla con tutta la santa calma e con le T al posto delle C (tom'è bella quetta tasa) e si prediligono attività ricreative generalmente rivolte al circolo anziani ["Amore con cosa preferisci giocare? bici? monopattino?" "Io pefeicco le bozze."].
Per una come me che ha l'ansia pure quando va sullo sky-lift, che come suo figlio perferisce un libro a una corsa in monopattino, che solo a pensarla, la parola "bicicletta" le fa stanchezza. Che a dieci anni aveva paura della corsa campestre a scuola e non ci dormiva la notte, che a tredici ha pronunciato per la prima volta correttamente la erre.
Per una come lei, dicevo, una come Nina è l'inequivocabile segno di una creatura affascinante e diversa.
Una creatura femmina: forte, bellissima e a tratti inquietante.


16 luglio 2013

Luglio.

Giugno è stato luce, acqua salata, corse, la scuola è finita, auguri, aerei, un cappello di paglia, vestiti bianchi, vestiti verdi, gente gente gente.
Luglio sono i fiori da bagnare, fatture da chiudere, versamenti, dichiarazioni, ultime lezioni, bimbi dalla nonna.
Non sono certa di poterglieli lasciare tutto il mese.
Ieri sera invocava Erode.
Mò son pure chiusi i campi solari.
Se strappi ancora un geranio, amore mio, ti massacro quelle luride ditina.
Li tratta come trattava me alla loro età, non sono certa sia un bene.
In ogni caso non ho alternative.

Stamattina per arrivare a sedermi davanti a una scrivania ho impiegato 50 minuti, per lo più passati dietro a ciclisti che viaggiavano appaiati per godersi le ciacole e le curve di campagna.
Non sono venuta fin qui per fare l'automobilista isterica.
Ho imparato a tollerare i tedeschi sulle cabrio con foularino e occhialoni, in pieno delirio da VacanzeRomane. I vecchietti in ape, che espongono cartelli autoironici con scritto "il bimbo va piano".
Ma i ciclisti del martedì mattina, che si sa- è pure peggio del lunedì- quelli mi stanno qua.
Niente di che, eh. Nulla di personale.
Ma che bucasserro quella davanti e pure quella dietro, camera d'aria inclusa, alla canicola e in un tratto senz'alberi.

7 luglio 2013

In 7 giorni.

Ci sono settimane in cui non mi succede nulla.
Casa, lavoro, bimbi, lavoro, casa, bimbi, spesa, passeggiata, lavoro, studio, casa, bimbi. Bimbi, bimbi, bimbi. Ruzzle. Due coglioni. Bimbi. Lavoro. Lavoro. Lavoro.
Poi in una settimana faccio quello che non ho fatto in un anno.

Le amiche, volare.

Prendo un aereo. Guardo gli occhi di mio figlio ingigantirsi di meraviglia.
Prendo un tè freddo o un caffè sotto un portico o in giardino, io e le mie amiche. 10 minuti. DA SOLE.
Non le vedevo da mesi, o da un anno.
Provo il tofu, il seitan, le alghe e pure il gazpacho.
Faccio il bagno nel mediterraneo e guardo i pesci. Gioco con la mia amica, cadiamo in acqua, ci scottiamo, ci sediamo su un cannone. Autoscatti da bimbeminchia a pioggia.
Magù fa conoscenza con bimba autoctona in costumino rosa e coroncina.  Dopo 20 minuti dichiara di non essere disposto ad abbandonare la sua pinzipessa.
Nina -presa da scioltina fulminante- la fa addosso a suo padre.
In aeroporto, con approccio comunicativo tipicamente basso-mediterraneo, gesticola di fronte a coetanea di fattezze ariane e aria perplessa. I di lei genitori tentano una discreta ritirata dalla pirotecnica esuberanza italica allontanandosi di qualche passo.
L'italica non molla e sciorina l'intero repertorio: nonono-sìsìsì- pacca sulla spalla (dai, vieni a giocare)- manata sugli occhi (hei dico a te)- pernacchia (ti sei ingoiata una scopa?)- balletto (come puoi resistermi?).
Nessuna reazione pervenuta. L'italica, più stufa che rassegnata, si volta  e punta verso il bar.
Magù acchiappa farfalle al volo col retino e canta la canzone dell'alpino.
Ricevo in dono un libro bellissimo.
Le mie amiche mi portano vestitini in prestito, ho 15 anni e il tempo si è fermato come per il Bianconiglio.
NON sono in ritardo. Seguo il Bianconiglio e mi getto nella tana.
Sprofondo e sono felice.

Il mio secondo matrimonio.

Siamo in ritardo, l'orologio ha ripreso a battere il tempo.
"Scusi ci fa una foto qui al cimitero? sì lo so, siamo vestite da meringhe e lei è la sposa ma ci terremmo sa, per via della nonna. Col bouquet, certo, e la coroncina. Grazie."
"Dove sono andati?""Al supermercato a prendere l'omogeneizzato, pare si mangi alle 3.""E tu non avevi in casa neanche un cazzo di pacchetto di crakers? Susi sei madre da 4 anni, ma è possibile?""No non ce l'avevo e allora? e allora? mica li ho mandati io al supermercato."
"Qualcuno sa in quale comune di quale città sia la cerimonia?"
"Non scendere da quella macchina senza le mie ballerine."
"Perchè Magù ha su il cappello da alpino?"
L'auto storica di famiglia su cui si sono patentate Nonna Oroscopo, Zia Subli e Susibita corre su stradine di sasso.
Susibita, in meringa verde, guida a cazzo e rischia di perdere Zia Subli fuori dal finestrino. Zia Subli inveisce e  telefona a cazzo.
Nonno Va e Vieni  genera scompiglio con la sua sola presenza: "z'è il nonno. Mio nonno. Dov'è il nonno? Quale nonno?". Balla un lento con Nonna Oroscopo, come sulle polaroid nel portafoto di cuoio verde.
La sposa è bellissima ("sembri Miss Universo"), la nonna non c'è più,  tutti piangono.
Nina alla bocciofila s'impatacca il vestito bello, unica femmina in mezzo a maschi armati di spada. Non fa una piega e comincia a roteare palline colorate.
Papone, Zio Buono e Nonno Va e Vieni salgono sul palco, prendono il microfono e cantano.
Susibita per le troppe emozioni propende per attaccarsi alla bottiglia ma comincia la disco anni Settanta facendole rimandare il tutto.
Ha un'immagine di sè al karaoke mentre latra "Sei bellissima" insieme a quattro sconosciute vestite in meringa lavanda.
Non è certa siano state bruciate tutte le prove video dell'accaduto.
Ciò è male.


2 luglio 2013

numeri.

N. 1 matrimonio: fatto.
N. 1 valigia per 4: fatta, disfata, rifatta, ridisfata, rifatta. Non ancora disfata.
N. amiche incontrate, abbracciate, reciprocamente sfamate, coccolate, finalmente riviste: 2. 
(E' l'unica cosa che cambierei dell'essere andata via. Potessi impacchettarle lo farei. Proprio tipo salamini, eh. Impaccate e spedite, volo di sola andata.)
N. spose bellissime: 1.
N. parenti ritrovati e barbequettati: tutti i disponibili.
N. nipoti diplomati: 2, di cui uno con tesi sulla cannabis, dedicata a Nonna Pensaci Tu. 
Sì, fatevi pure delle domande.
N. report per clienti, appuntamenti, mail, controlli commercialisti con relative ansie da controlli commercialisti: troppi.
N. donne isteriche in clima pre-partenza: 1.
N. 1 bambina con febbre prima del volo: fatta.
N. peli ricresciuti post ceretta fresca di una settimana: 12.423 e rotti. Ma cazzo.






22 giugno 2013

Suppergiù un anno fa.

"Pronto?"
"Ciao, sono io."
"Che c'è?"
"...Niente, sono le 4.30 del mattino e ho appena finito la partita a Burraco col cane, non sapevo che fare e t'ho chiamata."
"Scema. Ogni quanto le hai?"
"Circa 10 minuti, vieni qui."
"Ma sei sicura?"
"Mamma non farmi incazzare, è tutta notte che non dormo se ti dico che è ora è ora."
"Allora vengo?"
"No dai, aspetta ancora un paio d'orette, carica con calma i cani, la nonna e un po' di piante: poi avviati. Ma con calma, eh."
"Vabbhè ma devo prima dar da mangiare alle bestie. Tu aspettami e non ti muovere."
"E dove cazzo vadooo?"
"Appunto."

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"E' IL PRIMOO??"
"NOOO, IL SECONDOO."
"COL PRIMO PARTO NATURALE??"
"Sììì. MA PERCHè STIAMO URLANDO? NON PUò SPEGNERE LA SIRENAA?"
"IN TEORIA NO MA ASPETTI, Mò LA FACCIO SPEGNERE. Ecco. Così va meglio?"
"Un po'."
"Senta ma lei è da sola? non ha avvisato qualcuno dei suoi?"
"Sì, c'è mia madre che è lì dietro, se si alza dovrebbe vederla: sta su un autocarro molto sporco, ha grossi occhiali dalla montatura fucsia e mi ha giurato che ci avrebbe tallonate a vista."
"Sì la vedo, è decisamente lei."
"Il padre sta arrivando, dall'altra parte d'Italia ma sta arrivando."
"Bene, stia calma, va tutto bene."
"Pensa che mi faranno l'epidurale?"
"Probabilmente non ce ne sarà bisogno, cara."
"Io l'ho chiesta.Ho chiesto tutto, sono in regola."
"Brava."
"Come mai sua madre non è salita sull'ambulanza con noi, poteva venire sa?"
"C'erano i cani da scaricare, la nonna da sistemare, poi non avrebbe la macchina per tornare e non sa bene la strada per l'ospedale di qui: veniamo dall'altra parte d'Italia noialtri, non sente l'accento?"
"Sì, lo sento."
"Quanto manca? Non voglio partorire in ambulanza."
"Ci siamo quasi, 'spetti che riaccendo."
"MIA MADRE è SEMPRE DIETRO?"
"Sì, NON MOLLA."
"Lo so. E' mia madre. "

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"Buongiorno, ci siamo quasi eh?"
"Voglio l'epidurale."
"Nome?"
"Epidurale. Cioè, Susibita. E voglio l'epidurale. Ho fatto la visita, seguito il corso, sono in regola."
"Questo è il secondo, probabilmente non ce ne sarà bisogno."
"Mi sono fatta la pipì addosso, mio marito o come lo vogliamo chiamare non so se arriverà in tempo, forse mi toccherà partorire con mia madre che mi dice di non pensarci e mangiarci su qualcosa, comincia a farmi male, voglio l'epidurale."
"Stia calma, ora la visitiamo."

"Allora amore come stai?"
"Dov'è quello là? doveee??"
"Sul treno, sta arrivando. Stai calma."
"Non ce la faccio. Muoio."
"Sei bravissima. Sei forte amore mio, sei tanto forte."
"Non è vero, sto male. Voglio tornare a casa. Forse non partorisco oggi, mi sono sbagliata."
"Devo andare a cambiare il parcheggio."
"Non te ne andare!"
"Torno subito."
"Mi sono rifatta la pipiì addosso. Lo sapevo, guarda, 'sto cazzo di parcheggio. E io che ci faccio le battute."
"Susi."
"EEhhh? Mamma ti prego, fallo tu. Fallo tu! Io non sono capace. Non voglio."
"Amore non posso: lo farei, altri mille giorni. Lo rifarei, per averti. Ma questo non posso, questo lo devi fare tu."
"Ma io non voglio."
"Non conta. Non ho mai incontrato una donna forte come te, sei la mia bambina fortissima."
"E adesso dove vai?"
"A cambiare il parcheggio."


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"EPIDURAAAAAALEEEE!!!!"
"Forse ha ragione. La bimba non da segno di scendere, è il caso di chiamare l'anestesista."
"D'altra parte sono solo 5 ore che ve lo dicooo....uh.uh.uh. Ahi. Ahi. Ahhh. Fate venire quella cazzo di anestesista, io spacco tutto e poi muoio."
"Stia calma, è già qui."
"Si alzi la camicia e si pieghi in avanti."
"Buongiorno eh. Son qui che sto per partorire, cazzo. Per favore no eh? Questa mi sta già sul culo, dove cazzo era mentre io avevo bisogno di lei, eh? a farsi i cazzi suoi, lo so, io, aaah se lo so."
"Si pieghi di più, senza troppe storie su."
"Sempre gentile eh, cazzo non ti sputo in faccia perché c'hai una siringa come una trivella in mano, ma aspetta che esca da 'sto posto e ti faccio vedere io, ti faccio."

15' dopo.

"Allora?"
"Dov'è?"
"Chi?"
"Quella donna. L'adorabile creatura."
"Dice l'anestesista?"
"Sì, quella santa. Avete una santa in reparto, lo sa? L'adoro. E' sposata? che donna. Io la amo. Un po' rustica, ma d'altra parte chi di noi è perfetto? che donna."

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"Siamo pronti, tra poco andiamo."
"Eccomi!"
"E lei chi è?"
"Il papà: sono arrivato. Puff puff, pant pant. Ah ma vedo che stai bene! Io INVECE ho fatto una corsa!"
"Stavo morendo, sai? Ma poi è arrivata quella donna... una creatura adorabile, dovremmo invitarla a cena qualche volta, che dici?"
"Sapevo mi avresti fregata all'ultimo, toh, piglia il camice. A un passo così da vedere nascere mia nipote e questo arriva all'ultimo."
"Non faccia storie, signora, e mi smolli il camice. Sarà per un'altra volta."
"Col cazzo."
"Sì, hem, amore, scusa. Dicevo così, per dire."


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"Spingaaaa, bravissima: così. Adesso!"
"Ahiaaa! Mi ha dato un calcio! stia attenta!"
"Il cordone, il cordone è un po' attorno al collo, spinga adesso e la libera, spinga forte!"
"Attenta che arriva eh...prenda il respiro e spinga, questa glielo giuro è l'ultima: ORA! Fuoooooriii, cooooosì. Bravissima. Che le avevo detto che era l'ultima?"
"Come dice? Sta bene, sì benone, guardi qui."
"Cosa? E' femmina, sì. Femmina."


Nina femmina.
Nina che un minuto fa eri in me, un po' me.
Nina che respiri.
Nina occhi lavanda, pelle di sabbia.
Nina piedi a terra.
Nina che ti alzi.
Nina vestitino blu, mele rosse.
Nina che ridi, Nina che picchi.
Nina bella, denti bianchi.
Nina che t'ho amata sempre e non t'ho amata mai.
Nina fuori da me. Intagliata in me, come corteccia.
Nina come potrei. Nina senza te.
Nina non potrei.

17 giugno 2013

Maschi contro femmine.

Magù è entrato nella sua fase maschista.
Lui è maschio, suo padre è maschio, il suo pisello è maschio.
Io e la Picchiatrice siamo femmine.
Loro vanno veloci, sono maschi. Sono forti, maschi.
Siamo due universi differenti, e siamo - non chiedetemi perché- in competizione.
Mettiamoci il caldo, le docce frequenti, i corpi più scoperti e la situazione va complicandosi.

Come se non ne bastasse uno.


"Dov'è il tuo pisello?"
"Io non ce l'ho il pisello, tesoro. Io e Nina non ce l'abbiamo, siamo femmine, tu e papà ce l'avete, siete maschi."
"Nina ha un pisello a fomma di tiangolo."
"No amore, non è un pisello, non ce l'abbiamo il pisello ti dico."
"Oh, poveine."
"No guarda, ne facciamo volentieri a meno, stiamo benissimo senza, eh."
"Io e papà abbiamo mottissimi piselli."

Guanzottine.


"Che belle guanzottine, mamma."
"Hem , non sono guanciottine, amore."
"Sì inveze. Piccole piccole."

'fanculo.







14 giugno 2013

Quello che mia suocera non sa.

Latina a mia suocera secondo me non piace.
A lei piacciono lei mammine gnègnè, che incremano i loro bimbi e sciabattano per i vialetti con i passeggini ripieni e l'aria di quelle perbene.
A lei piacciono quelle che assomigliano un po' a me, che incremo i bambini e passeggio col passeggino ripieno e l'aria di una perbene.


Latina invece fuma come un turco e ieri all'insegnante di salsa che diceva "Sceglietevi un partner qualunque, il sesso non conta." ha risposto, passando: "Non diciamo stronzate, il sesso conta sempre."
Per Latina tutti si chiamano con l'articolo davanti: LaSusi, Ilcaio, Ilmagù, Lanina.
Latina sta in fissa con whatsup, parla con un fortissimo accento milanese e vivrebbe di aperitivi.
Latina non fa cuccicù: parla a suo figlio come a un persona, solo che piccola.
Latina è una cagacazzi -si vede- corregge i congiuntivi e spiega il significato di tutte tutte le parole.
Un mattino una delle due ha esordito con: "un tempo a quest'ora scendevo in spiaggia, mò vado a preparare il pranzo. Mi viene da piangere."
Siccome l'altra non solo non ha fatto finta di nulla ma ha rincarato con "e poi sta nonna, se lo sta guardando lei, perché mi chiama sempre e mi rompe i coglioni mentre mi abbronzo?" abbiamo cominciato a sederci vicine.
Latina dice che suo figlio l'ha avuto tardi perché prima se l'è sciallata. E dice proprio così -sciallata- che fa appunto milanese.
Latina dice che ci vuole proprio un amore grande come quello per un figlio per lasciare la vita che faceva prima.
Latina organizza 1-2-3 stella nella piscina dei marmocchi e si lancia ad affogarne più di uno se barano o fanno i prepotenti coi più piccoli.
Latina, secondo me, è una brava mamma.  Il suo bambino ride sempre.

Quello che mia suocera non sa è che a me Latina e quelle come Latina piacciono di brutto.
Quello che mia suocera non sa è che incremo i bambini, passeggio col passeggino ripieno ma ho pensieri molto molto, molto poco perbene.

6 giugno 2013

La picchiatrice.

La Picchiatrice è piccola. Molto piccola.
La picchiatrice si annoia nella classe dei lattanti e viene portata nella sezione dei più grandi, dove si fa largo a suon di spallate e manate tra tate e duenni.
Da qui, La Picchiatrice.
La Picchiatrice ama le ruspe, i cavi elettrici e l'idraulica.
Presa dal fascino morboso della rubinetteria è in grado di passare anche 15 minuti buoni davanti a un calorifero, al dichiarato scopo di smontarlo.
La Picchiatrice strilla, ma non piange.
Strilla perché è incazzata, perché c'ha ragione lei, perché non la guardi o perché passa il gatto.
La Picchiatrice sbatte la testa, cade dalle scale, crolla dal triciclo, casca dalla sedia.
Ma risale.
La Picchiatrice viene sbattuta a terra, strisciata sul pavimento, stritolata in abbracci impetuosi, colpita in testa col lego.
La Picchiatrice non fa una piega.
Se non fosse che mi suona un po' machista, direi che la Picchiatrice c'ha due palle così.

La Picchiatrice ha occhi lavanda, capelli castani e quattro denti bianchi.
La Picchiatrice è morbida, ed è femmina.
La Picchiatrice è in assoluto la bambina più bella che io abbia mai visto.
Lo so, voi dite che è perché è mia figlia.
Ma non è vero, è che voi non l'avete mai vista.

4 giugno 2013

Metafore piccole.

Mattino.
La nebbia si alza dalla valle e sale su su fin sulla collina dei conigli, proprio fuori dalla finestra della cucina e a pochi centimetri dal suo naso, schiacciato contro il vetro.

"Io e mio cuzino zi mettiamo le ali e le bbattiamo, bbattiamo, le bbattiamo fotte fottisimo. Così la nebbia sivola zù."

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"Hei tu, dove pensi di andare? Fuori piove. E perché hai in spalla una federa?"
"Pecchè sono un cazzatoe di fummini. Li acchiappo tutti e li ficco nel sacco. Poi tonna il sole."


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"Ti pego, ussiamo."
"E' tardi, amore, bisogna fare la nanna."
"Ma io devo azzendee le luzzole."


Magù featuring metafore (metereologiche) piccole piccole.

27 maggio 2013

Fatevelo bastare.

Per la festa di fine anno scolastico di Magù Susibita ha stilato il seguente programma:

- Si presenterà senza il materiale per la pesca.
Sta messa che non ha tempo di buttare la spazzatura da circa 10 giorni, fate voi.
Non ha tempo o forse voglia, quando se ne ricorda o è tardi ed è buio o è mattina presto ed è in ritardo. 
Per farle raccogliere annaffiatoi, secchielli o gli accessori accessori bagno che segnalate dovevate avvisarla prima. Tipo a Natale.

- Non si presenterà, di qui a metà Giugno, ogni giorno dispari dalle 15 alle 17 per i laboratori genitori.
A quell'ora lavora, se non lavora manda avanti la baracca di figli/casa/spesa da sola, se non manda avanti la baracca da sola lavora.

- Non confezionerà, in alternativa, i lavori a casa: non sa cosa sia un albero della pioggia, la ricetta dei lecca lecca fatti in casa -credetemi- è meglio che non le venga passata, non ha un cazzo di tempo possibilità di confezionare copricapo a tema marino da cartoncino riciclato.
Poi per chi mi avete presa, una craft blogger?checcazzo, non c'è più rispetto.

-  Comprerà in blocco i 10 biglietti della pesca lenendo così - ma malamente- il senso di colpa per non avere idea se riuscirà -effettivamente- ad andare alla festa e vedere suo figlio.

Ora io lo so che la baracca la mandano avanti gli altri, le maestre e tutti quei genitori che alle 5 hanno finito di lavorare, che hanno i sabati pomeriggio liberi per montare la staccionata nuova dell'area giochi,  la capacità e la buona volontà di esserci e di fare.
Lo so che se fosse per me e per quelle come me non si farebbe un cazzo della festa e i bimbi si terrebbero la staccionata vecchia e con le schegge.
Vabbè e io lavoro, faccio girare un po' l'economia, faccio la mia parte, oh ma che volete?

Detto questo.
Bè?
Che deve fare 'sta poraccia di Susibita? Ammazzarsi?
Non ce la fa.
Compra i biglietti della pesca, ok?
Porta il succo alla festa, ok?
Fatevelo bastare.

p.s. aggiornamento del mattino dopo aver riletto il mio post:

Forse ieri sera ero un tantino stanchinella e rileggermi tutto l'elenco di quello che ci veniva chiesto di fare mi ha inacidita. 
Sia messo agli atti che sono grata a maestre e mamme e padri fantastici che sono tanto bravi da rendere più bella la festa anche per mio figlio.
Bravi, tutti bravissimi, davvero.
So che è un modo per avvicinare scuola e famiglia, so che - in linea del tutto teorica - è giusto e sacrosanto.
Però alla fine, come dice la Tess, che si strozzassero tutti con la colla a caldo.

23 maggio 2013

Piccolo Tre.

Piccolo Tre ha tre anni, da pochissimo.
La notte in cui è nato, 3 anni e pochissimo tempo fa, Susibita gli ha scritto una lettera.
Quella notte tutti hanno dormito agitati, perché l'aria là fuori era quella che precede qualcosa di grosso, come quando le nuvole corrono per radunarsi e poi le vedi che fanno massa, confabulano e si preparano a qualcosa.
Quella notte l'ansia rosicava un po' tutti ma Susibita in particolare, perché Susibita e l'ansia hanno questo rapporto simbiotico per cui non possono stare troppo a lungo lontane l'una dall'altra e quando poi si ritrovano lei non può farci nulla:  lasciarsi andare, gettarsi tra le sue acque scostanti e fluttuose.
Può solo scriverci dentro.
Quando ne esce, la mattina dopo, è  un po' come il primo respiro fuori dall'acqua.

Piccolo Tre ha occhi d'inchiostro e capelli grossi e scuri, come Susibita immaginava sarebbe stato suo figlio.
Piccolo Tre  invece è suo nipote.
Piccolo Tre ha tanti talenti,  è un paguro piccino.
Piccolo Tre è timido, e ammaliatore di cassiere.
Piccolo Tre è dolce, e duro corallo.
Piccolo Tre è diffidente, e innamorato -in modo geneticamente sleale- dello zio sbagliato.
Piccolo tre è distratto, curioso.
Piccolo Tre corre, una saetta.
Piccolo Tre ha lasciato un dente un giorno, su un pavimento.

Piccolo Tre doveva nascere prima, lasciando a Susibita il piacere di essere giovane, carina, disoccupata e con il tempo di addormentarsi assieme a lui sul divano, portarlo al pub, mostrarlo alle amiche.
Amarlo da sola.
Ma Piccolo Tre è arrivato dopo tutto, dopo che il pulsante era già stato pigiato, impossibile tornare indietro.
Susibita, dentro di sè, sa che questo lo rimpiangerà per sempre.

Piccolo Tre è in una foto che ride perché Magù gli tocca l'orecchio.
E' affascinato da Nina, dai suoi piedi piccoli e grassi e dai suoi occhi lavanda.
Susibita sospetta che una parte del cuore di Piccolo Tre abbia uno spazio abbastanza largo e comodo da contenerli tutti e tre, Piccoli Tre. Che non ci sia spazio, lì dentro, per altri fuorché loro.
Susibita, dentro di sè, sa che questo la consolerà per sempre.

13 maggio 2013

All tasks accomplished.

"Qui dice che a scuola ci sono i pidocchi, che metà della classe non è integrata nella routine scolastica, che vanno a fare una gita in biblioteca e che settimana prossima c'è una riunione per la sezione A."
"Hum. Il nostro è nella metà integrata?"
"Pare di sì."
"Ha i pidocchi?"
"Mi sembra di no."
"Lo mandiamo alla gita?"
"Certo."
"Allora siamo a posto. E poi dici che siamo inaffidabili. Guarda qua invece, che popò di genitori: all tasks accomplished. C'è altro?"
"Ci manca solo da capire in quale sezione sta lui."
"Mi stai dicendo che non sappiamo in che sezione è nostro figlio?"
"Magù tu in che sezione stai a scuola? A o B?"
"Vedde."
"Giusto, prima c'erano i colori. Com'è che hanno cambiato? Perchè devono complicarmi l'esistenza?"
"Sì però non è normale che non lo sappiamo..."
"Senti guarda che mica è semplice: il pullmino, gli avvisi, il grembiulino...ora pure TUTTE le sezioni devo ricordarmi?"
"Ma perchè?quante sono?"
"Due."
"..."

7 maggio 2013

Che faccio, lo sputo?

"Non puoi immaginare che situazione."
"?"
"Da solo, con due bambini."
"..."
"Che tipo c'erano queste madri con 1 solo figlio, tipicamente piccolo e addormentato in culla, ma con 2 nonne e 5 amiche al seguito."
"Io ero l'unico DA SOLO. E con 2 bambini poi. Lei che urlava nel passeggino e lui che dava segni d'insofferenza per l'attesa."
"Ma và..."
"No guarda, ti dico, credimi: pesante."
"Humm."
"Mi guardavano tutte con compassione. Loro sembravano così rilassate. Solo io ne avevo due che non stavano fermi, e mi arrabattavo, mi arrabattavo. Ma non sembrava mai abbastanza, ed ero il solo."
"Maddai..."
"No no, una faticaccia. Giuro."

Capito?
Lui giura.

2 maggio 2013

Vademecum per bi-madri lavoratrici single p.t.

La bi-madre lavoratrice single p.t. è single part-time, di solito infrasettimanalmente, accoppiata di prassi in formula week end, sfigata quasi sempre.
La single p.t. si becca le due cozze sul groppone dai 3 ai 5 giorni (e notti) a settimana e nel fine settimana deve pure mediare tra un bellissimo film di fantascienza che tipicamente le fa cagare e un film qualunque che contempli persone e non androidi, un qualunque filo conduttore, possibilmente un lieto fine perché al sabato sera il lieto fine se lo merita, o se proprio non abbiamo nessuna delle precedenti,  almeno la presenza tipo di benicio del toro, che so io.
Comunque.
Ci tengo a precisare che il seguente decalogo è strettamente personale, e pur tuttavia chi ve lo offre nutre la speranza che possa essere di aiuto a qualche sparuta imbesuita bimadre o madre con panza bis in arrivo che -come la sottoscritta 1 anno fa- si guarda la panza, poi guarda il primogenito, riguarda la panza, riguarda il primogenito e poi spera di svegliarsi sudata, sollevata ma soprattutto 25enne.
Le regole sono poche, ma fondamentali.

- Prima regola: non si parla del fight club. Seconda regola: non dovete mai parlare del fight club.
Haem, ok. cazzata. reload.

- Prima regola: il tempo non si moltiplica. Se ne avevate poco con uno solo, non aumenterà col secondo. La buona notizia è che non è necessariamente drasticamente ridotto come ve lo state immaginando. Il processo è semplice: si chiama riorganizzazione. Ognuno ha la sua, ma ci stanno dentro gli incastri tra i sonni dell'una e il bagnetto dell'altro, la pappa per lei e shaun the sheep per lui.
I primi tempi datevi tempo, bisogna riassettarsi. Shaun the sheep in questo è fondamentale, god save shaun the sheep.

- Seconda regola: la gelosia esiste, non fingete di non vederla. Diffidate di chi non l'ammette. Magù chiede di Nina, gioca con Nina, sbaciucchia Nina ma quando può la prende ripetutamente a mazzate in testa. Così, giusto per non perdere l'abitudine. Il mio consiglio è: quello piccolo, soprattutto i primissimi mesi, ha necessità molto basilari: assolvetele. E poi passate al primo: il suo mondo è più ricco, più complesso e anche più minaccioso. E' adesso che ha bisogno di voi per interpretarlo.
Errore commesso da Susibita: Nina nasce, Susibita si divide tra i due ma non basta: Magù si trasforma sotto i suoi occhi in una specie di rospo con tendenze violente, ingrugnito, rabbuito, infelice. Susibita ci rimane malissimo, non riconosce più il suo splendido dolcissimo bambino sognatore. Dov'è finito? chi me l'ha preso? Partono le pippe mentali, più o meno inconsce. Nessuno. Nessuno l'aveva preso. Stava solo sperimentando il suo primo amore, il suo primissimo dolore. E non c'è niente, nulla più di quello che state già facendo (tempo, coccole, gioco, rimprovero dolce ma fermo e balblablabla) per rassicurarlo: semplicemente deve fare proprio quella cosa lì. Quella cosa che non volete vedergli fare. Deve passare attraverso il suo primo piccolo, gigante dolore. La chiamano vita, e credo di aver imparato che non siamo qui per sottrarli al dolore, alla paura. Siamo qui per tenergli la mano.
Capito questo, fine delle pippe, Magù ritorna gradualmente in sè.

- Terza regola: Orari. Routine. Sequenza di azioni. Uguale a sè stessa fino alla morte ma che da morte certa mi salva ogni giorno.
Aiuta loro, aiuta voi, dà ritmo alla giornata, dà senso agli eventi: lavarsi le mani, mangiare, cartoni, spegni cartoni, lavarsi, nanna.
Soprattutto: alle 9, o giù di lì, sarete LIBERI. Prima o poi.

- Quarta regola: le regole valgono sempre e per entrambi. Sì, anche per la frugoletta piccina-picciò. Altrimenti non sono regole. Sono poche  e sono chaire: non gli stiamo chiedendo di risolvere una funzione a doppia matrice, solo di non scaccolarsi sulla sorella, per dire.
I capricci si prevengono, se non si riesce a prevenirli e degenerano s'ignorano: dureranno pochi minuti, oppure dureranno molto minuti, e saranno interminabili. Ma la volta dopo dureranno di meno. E poi meno ancora. E poi non ve lo chiederanno più (la tv, il cioccolato, il libro, la focaccia etc etcetc). Passerà un po' di tempo e poi ricominceranno da capo. Contenti?
No ok, l'idea è che poi la smettano.
In questo vi remeranno contro mariti, zii senza figli e soprattutto nonni. Ma non voi non cedete, non cedete mai, perché - secondo me- avete ragione voi.

- Quinta regola: coinvolgeteli. I grandi, dico. Sui 3 anni possono a loro modo rendersi utili: non è assurdo che "sparecchino" portando piatto e posate sul lavandino. E' un messaggio che gli state dando, più che il fine di avere chissà quale sgravio: il messaggio che famiglia è stare insieme, divertirsi, mangiare, e sì, anche aiutarsi. Io ti aiuto, tu mi aiuti, siamo tutti felici. Patti chiari e amicizia lunga.

- Sesta regola, quella che mi piace di più: flessibilità. Buon senso. Che vuol dire che esistono le eccezioni, che gli angoli possono arrotondarsi, che voi non siete superwoman e fanculo le regole.
Che ogni momento o fase o anche giornata è a sè. Che quello che vale con lui non necessariamente vale per lei. Che quello che ti riesce benissimo una sera quella dopo non riesce più, o riesce con il doppio della fatica e del tempo. Vuol dire accettare e accettarsi. Non farne un dramma.
Vuol dire, ad esempio, che stasera alle 9 ero ben lontana dall'essere libera.
Vuol dire che per 3 mesi non sono andata al supermercato da sola con loro due perché lui era un disastro.
Allora ho lasciato passare il tempo e poi oggi in sordina ci ho riprovato e lui mi ha pesato i limoni.
Che io ero pronta a mollare il carrello e scappare a casa, per dire.

Occhei, quindi io ora ho scritto e sono discretamente stanca: pensateci su, fregatevene, usatele o ignoratele.
A volte funzionano, a volte no. Io le ho fatte mie, voi ne avrete altre: in tal caso, sarei felice di conoscerle.

29 aprile 2013

Aggiungi al carrello.

Devo comprare un vestito da damigella su internet.
Siccome sono una gnocca paura volevo impostare la size a 90-60-90.
Così -spregiudicata- senza saper scrivere né leggere.
Per puro spirito di critica pregiudiziale e senso di modestia ho preso il centimetro per dare una controllatina e prender nota.

Secondo voi mica che il vicino di casa babysitter avrà notato il biglietto in mezzo al tavolo che citava:

TETTE: 83 ???????? =((((((((!!!!

No perchè mi pareva ghignasse sotto i baffi quando son rientrata.




22 aprile 2013

Grazie.

Grazie perché esistono i surgelati.
Il nurofen bimbi.
Wetransfer.
Il vicino di casa babysitter.
Grazie ai due con cui lavoro: precisini, un po' gnègnè, che mi s'inacidiscono per ogni minima cazzata, che convivono nel loro monolocale molto nerd, molto ingegnere e molto lontano.
Grazie perché ci sono, sempre.
E se il mondo là fuori è tosto e gli scrivo "non ce la faccio più, ho fatto fin qui, tra poco svengo, pensateci voi", loro ci pensano.
Grazie per Strawberry Fields.
Forever.

16 aprile 2013

Ciao eh.

Per darvi un'idea di come sto messa vi dico che non sapevo di Boston, nè delle faide per il Quirinale, non immaginavo Crimi a Porta a Porta, ma soprattutto -signori e signore, non so come ho potuto dormire in cotal ignoranza- non sapevo che Noemi Letizia fosse incinta.

Il computer è diventata una mia estensione, e non ne vado fiera.
Quando avrò finito di lavorare innanzitutto mi laverò i capelli, poi mangerò qualcosa di non decongelato e infine ripasserò di qui.
Non riesco a leggervi, ma vi penso intensamente.
Bacio tutti appassionatamente, ciao eh.

8 aprile 2013

Innamoriamoci.

Susibita ricorda perfettamente il pomeriggio in cui ricevette il suo primo primissimo bacio: di essere stata colta dalla sindrome del panico nota come iodaquestobagnononesco,  di essersi lavata molto per benino le ascelle, il collo, le orecchie, perchè a 15 anni le ascelle e le orecchie ti possono giocare pessimi, rischiosissimi scherzi. Di aver indossato una camicetta a quadratini bianchi e rosa (lo so, lo so, non dite niente), di aver legato i capelli.
Susibita ricorda che il sapone era al limone, un profumo goduriosissimo, non potete capire.
Il ragazzo, quel pomeriggio, le disse "questo profumo ti somiglia" e da quel momento -TRAC-  lei fu definitivamente fottuta.
Perchè l'amore degli adulti, adulti anche di 15 anni, è fatto un po' per alimentare il nostro ego, innamorato del modo in cui veniamo amati, dell'immagine di noi che ci viene restituita.
Innamorati dell'innamoramento ci sguazziamo dentro, ubriachi, poco vigili, sostanzialmente ciechi e irrimediabilmente persi.
Innamorati dell'innamoramento realizzeremo solo molto più avanti non solo i difetti di lui, ma quel che è ben più grave i nostri, profumo di limone a parte.


L'amore per un figlio non ha nulla a che vedere con le mani sudate, il panico del nonescodalbagno e la sindrome del cosamimetto. Non ha nulla a che fare con l'adrenalina dell'attesa, la vertigine dello sfiorarsi, lo stordimento dei sensi e soprattutto del cervello.
Non ha nulla di etereo, di sospiroso, nè di arioso.
L'amore per un figlio ha invece molto a che vedere col terreno, e anche col sudicio.
Col lento, materialissimo dipanarsi dei giorni.
L'amore per un figlio ha moltissimo a che vedere con fazzoletti catarrosi, fronti calde, mani impiastricciate, vasini sporchi.
L'amore per un figlio non arriva subito, non necessariamente e comunque mai completamente da subito.
L'amore per un figlio è fatto di ore.
S'insinua nelle lenzuola piegate, dentro al latte del mattino, tra le dita grassocce dei piedi e i bioccolini delle calze, scivola lungo la curva delle ciglia, nel sudore della febbre e dell'amoxicillina, scende lungo la guancia, si fa largo tra il brontosauro e il coniglio che segretamente desideri impiccare.
L'amore per un figlio non ti nasconde i suoi difetti: ti stanca la notte, fa puzzette di giorno, mina le tue certezze, affossa le tue esigenze, fa prudere le mani e raccontare fiabe col cappello.
L'amore per un figlio è fatto di ore, di giorni. E' fatto di momenti: uno dopo l'altro, uno dopo l'altro.

L'amore per un figlio non è fatto come nei libri e i fiori che ti portano i bambini non hanno lo stelo: sono povere, depresse teste di margherite decapitate con cui non riesci a fare un mazzetto.
Solo che te le portano dicendo: "Tieni mamma, innamoiamozi.".
Ed è da quel preciso momento che -TRAC-  sei perdutamente, definitivamente fotutta.
Un'altra volta.

4 aprile 2013

Hei voi, là fuori.

Potrei dirvi che non sapete un cazzo di me.
In effetti, non sbaglierei.
Sapete quello che vi faccio sapere, come pare e piace a me.
Non diversamente da quello che accade nella vita reale di ognuno di noi, peraltro.
Faccio foto, twitto cose, vi scrivo, ma sostanzialmente - alla prova dei fatti - potrebbero pure essere tutte fregnacce.
Non dico che lo siano, dico che potrebbero.
Chi ve lo assicura.
Chi me lo assicura, mentre vi leggo.
Chi ce lo assicura, mentre beviamo un caffè assieme, prendiamo il treno, mi racconti cosa fai, ti dico di mio padre.


Tuttavia.
C'è questo bisogno, che alcuni di noi hanno, che francamente la maggior parte di noi ha, di crederci. Di ascoltare, di ascoltarsi.
E quell'altro bisogno anche, di dirlo. Di dirsi.
Ho creduto di essere qui per scrivere. Non è falso, ma la verità più vera è che sono qui per farmi leggere da qualcuno.
Ha ragione lei, e lo dice spudoratamente bene. Nota bene: adoro le cose dette spudoratamente bene, vorrei essere capace di farlo anch'io.
Dire le cose spudoratamente è terapeutico. Dirle spudoratamente bene è pure esteticamente appagante.

Il fatto è che a un certo punto comincia a non contare più  ciò che sappiamo da ciò che non sappiamo, perchè quello che ci basta sono le storie.
Vogliamo delle storie. Leggiamo libri, guardiamo film, ascoltiamo canzoni: per le storie.
Le storie degli altri che assomigliano alla nostra, le storie degli altri anni luce dalla nostra.
Ci bastano per appassionarci, invidiarci, ammirarci, snobbarci, affezionarci.

Voglio dire, io manco so di che colore avete i capelli.
No ok,  la Tess so che è bionda e che non potrebbe essere altrimenti.
Però leggo le vostre storie.
So che il vostro collega è uno stronzo, che vostra madre sta male, che avete comprato un vestito con le farfalle per sentirvi belle, che al vostro cane gli cola il naso, che avete piantato i bulbi in giardino, perculato un vigile, se avete paura, se siete soli, felici o con tre figli tutti pazzi.
Se ve lo racconto, sapete che ho litigato con mio figlio, m'ha fatto incazzare e l'ho sgridato fortissimo. Che mi sono sentita una merda e ho chiesto scusa. Che dovrei inginocchiarmi e ringraziare e basta. Perchè lui non è tutto quello che ho, però è tutto quello che conta.
A volte vedo le foto di quello che cucinate o dei giornali che leggete, la vostra tazza del latte.
E non so neanche dove siete, cosa fate, come fate di cognome, l'automobile se ce l'avete.
Non so cosa conti di più, in assoluto. Se la verità degli occhi o le storie che raccontiamo.

Potrei dire che non so un cazzo di voi.
E in effetti, non sbaglierei.
Voi di sicuro non sapete tutto di me, però molto di ciò che conta.
Questo è il mio 352esimo post e non so perchè l'ho scritto.
Forse perchè se piango e mi chiedono che hai? io non è che posso dire, tecnicamente, per un'amica.
Però è la verità.