26 marzo 2014

Spiritualità. O di lombrichi, o catechisti ciellini.

Qualche giorno fa è passato il prete a benedire casa.
La signora che lo accompagnava aveva chiesto poco prima a Susibita se le desse fastidio che passassero, dal momento che sa come lei la pensi su certe cose e che però questo sacerdote era nuovo di queste parti e stava cercando di conoscere un po' tutti in paese.
Susibita aveva risposto che no, non le dava fastidio, ci mancherebbe - che la porta di casa sua era sempre stata aperta a tutti, tanto più a qualcuno che porta la benedizione, che in fin dei conti altro non è che un augurio, un buon augurio.
E  che non farli entrare -soprattutto- le sarebbe sembrato un po' come quelli che espongono il bollino sul cancello "grazie, ma siamo una famiglia cattolica" che è una cosa che Susibita ha sempre trovato alquanto agghiacciante.

Però quando poi il prete è arrivato si è chiesta se non avesse sbagliato - perché non poteva non recitare il padre nostro dal momento che erano lì in tre e che non era come quando passano i testimoni di Geova e lei mette su un caffè e intanto piega i panni e intanto gli spiega che no, non trova affatto misericordioso il dio biblico, ma manco buono, ma manco giusto se è per questo e che una cosa come quella che fa ad Abramo con quel povero disgraziato di Isacco è semplicemente immonda -spiacente- ma immonda per quel che la riguarda.
Qui insomma è diverso, ne va anche di coerenza di fronte ai bambini, si è detta.
E infatti quando ha chiesto al piccoletto di raggiungerli in salotto per salutare  e ascoltare un signore che dice una preghierina quello le ha risposto che no, lui la preghierina non l'avrebbe detta mai, ma proprio MAI E POI MAI, testuali parole. Che poi dico, mica la devi dire tu - gli ha specificato Susibita, puoi anche solo ascoltare quello che ha da dire lui, ma quello niente, s'è messo a giocare e non lo si è più visto.
Poi Susibita è tornata indietro e quell'altro, quello alto, le ha detto: "Non guardarmi,  ha preso tutto da te, io non c'entro: sono pure stato chirichetto, io." - l'ipocrita.
E' stato chierichetto tipo per un giorno, dopodiché è tornato a casa da sua madre e ha dichiarato che lui non lo avrebbe MAI PIU' fatto in vita sua, che quella cosa di prendere ordini dal prete non gli andava per nulla a genio.

Insomma nel mentre della benedizione Susibita s'è fatta pippe mentali tutto sommato abbastanza consuete considerato il soggetto, e ha cominciato a temere l'effetto boomerang, quello per cui gli errori che fai ti si ritorcono tutti contro prima o poi, amplificati.
Un po' come in quel racconto della Munro in cui una madre cresce la figlia con metodi educativi un po' hippie e vagamente agnostici e quella -raggiunta la maggiore età- per compensare la mancanza di spiritualità nell'infanzia, si fa prendere da una setta di santoni e sparisce nel nulla finché la madre ormai ottantenne non scopre che comunque è viva, sposata con 5 figli ma non si rivedranno mai più.
Che dici a 'sto punto  faceva il chirichetto a 11 anni che era meglio.

Poi c'è anche la suocera che a Susibita lo dice sempre che a 'sti bambini un po' di spiritualità gliela dovrebbe pur passare, e lei a risponderle che spiritualità non è necessariamente religione.
Comunque dopo la Munro un po' Susibita se la fa sotto che magari la Nina a 17 anni -che so- prende il treno e va a fare la Papa Girl in Piazza San Pietro.

Però poi ha guardato Magù raccogliere le lumachine dalla strada, per non farle schiacciare dalle macchine. E i lombrichi, pure.
Questo bambino piccolo e ignaro che salva i più piccoli tra gli animali: i più viscidi, diciamolo.
Questo bambino che si spiega da solo la vita: "si nasse, si vive e poi si muore. E' la natura, è fatta così. Io però non muoio, pecchè sono un cavalie(r)e e cavaliei -mamma- non muoiono mai."
Questo bambino che trema quando sogna che qualcuno faccia del male agli occhi di suo padre.
Questo bambino che dice " mi si è 'pezzato il cuore, mamma".
Questo bambino- rasente il fanatico- con gli occhi pallati preda del fascino morboso del germoglio:

"Pecchè non èsse, mamma? Io lo appetto, ma lui non èsse."
"Non riesci a vederlo mentre esce, lo vedi quando è già spuntato: è troppo lento."
"Ma io lo appetto, mamma, stai tanquilla."

Questo bambino qui, che ha più spiritualità lui nell'unghia dell'alluce sinistro di un intero esercito di catechisti ciellini.
E s'è un po' tranquillizzata.

21 marzo 2014

incartata accartocciata.

Se lei non fosse l'uragano che è, se non ne combinasse una dietro l'altra, se non c'avesse quella vociaccia -per dire- forse non mi stancherei tanto velocemente.
Se lui non fosse lo sbrindellato un po' nevrastenico che è, forse non si prenderebbero a legnate sui denti ogni giorno.
Se lei non fosse la pinzipessa guerriera che è, dalle palle degli occhi fino alle unghie dei piedi, lui non la chiamerebbe quando ha paura, con quella fiducia un po' reverente verso chi nasconde poteri occulti e straordinari.
Se lui non fosse lo sbrindellato, appassionato capitano della fantasia che è, lei non lo ascolterebbe incantata, bevendosi ogni suo gesto.
Se facessi uno di quei lavori che torni a casa e non ci pensi più, forse sarei meno ansiosa.
Verrei a casa, mi godrei i miei figli, alla fine della giornata spegnerei le luci.
Poi -sotto le coperte- sognerei il lavoro che faccio.

A colloquio a scuola.

"Senta io ho bisogno di capire come gestire la rabbia."
"Di chi?"
"Sua, di lui. E di lei. Ma pure la mia."
"Mmm. Partiamo dall'inizio."
"Le racconto com'è andata oggi?"
"Prego."
Segue racconto.
"Quindi capisce? io la teoria la so benissimo, è nella pratica che m'incarto."
"Lei è solo stanca, vanno molto bene alcune cose che fa. Perché non prova a lavorarci in modo diverso? senta, proviamo questa strada..."
Segue descrizione della strada.
"Poi al prossimo incontro in gruppo o da sole ne riparliamo, che ne dice?"

Questa ragazza, con gli occhi neri e i capelli lucidi, con un velo di burrocacao rosa sulle labbra e i capelli pettinati. Questa ragazza che non ero io, perché io ero quella coi capelli legati e deformi seduta di fronte.
Questa ragazza con pochi anni meno di me, ma che significano tutto, perché stanno proprio lì, tra il prima e il dopo. Questa ragazza che avrei potuto essere io, se solo avessi il tempo di una doccia, di una sforbiciata, di parecchie ore di sonno, se avessi meno solitudine, un'amica più vicino.
Questa ragazza gentile, che mi ha detto sei solo stanca, sorridendomi.
Niente, io me la volevo portare a casa per un pochino.
Per non far nulla e stare lì a guardarla mentre parla -lei- piano, gentile, paziente, ai miei figli.
O anche per chiederle se ci mette olio d'argan o che, su quei capelli così lucidi.

19 marzo 2014

Fino allo svenimento

Volevo scrivere che dopo una settimana con Nina ricoperta da bollicine stamattina l'ho riportata al nido: volevo scrivere -perché è vero- che  praticamente ce l'ho lanciata dentro e sono sgommata via, e se ci passi davanti si vedono ancora le strisciate sull'asfalto.
Però poi ho letto la Castagna che mi ha fatto leggere la Pellona.
E adesso non ho più tanta voglia di dire che l'ho lanciata, anzi mi faccio pure un po' pena.
Non ho neanche più voglia di dire quanto sono stanca, quanto sono indietro con tutto.

Io adesso ho solo voglia che tornino a casa - tutti e due- per baciarli fino allo svenimento e non staccarmeli mai più di dosso, ma proprio mai più.

4 marzo 2014

molto carina.

Ci sono cose che mi fanno una tristezza tremenda, tipo oggi quando ho sentito una mamma sgridare suo figlio per non so che cosa avesse dimenticato sul pulmino e gli ha detto tonto. sei proprio un tonto.
Dire tonto a un bambino non è forse una cosa gravissima, non è suscettibile di denuncia, magari neanche di biasimo indignato, non farà di questa madre una pessima madre o che, né mi legittimerà a sentirmi migliore di lei, per via di tutte quelle volte che ho saputo essere meschina, senza accorgermene.
Però mi fa tristezza.
Ci son cose che non sono vere tragedie, non provocano danni evidenti, ferite apparenti, ma che a me deprimono moltissimo. Mi fan proprio cascare le braccia.
Tipo è deprimente che io mi nasconda a leggere twitter invece che ascoltare mio figlio che gioca.
E' deprimente quando quello davanti in macchina apre il finestrino e lancia fuori una bottiglia.
Trovo deprimente lo specialista privato che chiede "con o senza fattura?".
E' deprimente quando uno dà un calcio a un cane.


Poi ci sono cose che mi fanno impazzire, invece.
Cose piccolissime che mi succedono, che non sono bellissime, non cambiano i destini del mondo, cose che non salvano vite né cancellano soprusi.
Sono cose così, solo carine.
Io ci vado matta per le cose carine.
Anche per le persone carineQuelle che non conosci abbastanza per poter dire che siano belle persone, però ti piacciono le cose che dicono, le cose che fanno, e il come le fanno.

A volte anche le persone che conosciamo fanno delle cose carine: Nina ad esempio fa quella cosa col naso quando lo arriccia, che è proprio carina.
Una signora qui in paese raccoglie fiori per l'insalata e se le chiedi ho gente a cena, mi prepara dei fiori? lei ti da questo sacchettino con dentro le mammole o le viole o che so io e tu puoi farle col soncino o la rucola e fai un gran figurone coi tuoi ospiti e anche questa è una cosa carina, mi sembra.
Mio figlio col secchiello in testa, è una cosa carina.
Il quaderno di musica di un bambino, è un'altra cosa molto carina.

Stasera stavo chiudendo le persiane della camera dei bimbi e ho visto volare un gufo, una civetta o un barbagianni, non saprei. Uno dei tre comunque. Credo una civetta, perché era piccinina.
La valle era buia pesta e l'ho vista alla luce del lampione volare in silenzio.
Allora mi sono ricordata del libro sugli animali del bosco che escono di notte per la caccia ed improvvisamente era tutto vero, proprio sotto i miei occhi.
Mi sono sentita così inspiegabilmente eccitata e felice che non vedevo l'ora di chiamare i bimbi e parlare con loro e dirgli Oi bimbi è tutto vero, vedete? lì fuori da qualche parte nel fitto tra gli alberi c'è un cavo dentro un tronco e di giorno ci vive quella civetta lì -proprio quella-  che ora vola in silenzio davanti alla vostra finestra e cerca un topolino giù nel prato dove tutto è buio e fresco e muto. 
Ma non ho fatto in tempo, naturalmente. Perché ora che ho pensato tutte queste cose lei ha virato nel buio oltre il lampione e allora non ho neanche chiamato i bambini.
Ragazzi avreste dovuto vedere come volava, e che buio, nel silenzio.
Dio, peccato che non c'eravate anche voi.
Però io ve l'ho raccontata e anche questa è una cosa carina, mi pare.