28 marzo 2012

T'è andata male.

Sei corso in avanti, troppo avanti. Ti ho dovuto richiamare.
Sei rimasto indietro, troppo indietro. Ti ho dovuto richiamare.
Hai detto no. Poi no. Hai ribatido il concetto: no.
Hai giocato a golf col legnetto in mezzo allo spiazzo di cenere lasciato dai boscaioli. Non ti vedevo neache più, perso nella nuvola di fumo.
Ti sei arrampicato su dalla riva. Giù dalla riva. Su dalla riva. Giù dalla riva.
Hai tirato la sabbia più e più volte addosso al tuo amico, più grande di te di un anno e alto il doppio.
Siete scappati dentro il bosco, tu dietro come un furia cieca, "pettimi!" (aspettami!), innamorato della sua ombra, invaghito del suo essere bambino grande, forte, che spezza i legnetti e te ne passa la metà.
Ti ho detto fermati!, nell'unico punto in cui devi stare attento perchè finisce lo sterrato e ricomincia la strada. Ti sei voltato, mi hai riso in faccia, ti sei lanciato in avanti. Ti sei beccato la sculacciata.
La vaschetta, improvvisamente, non la volevi più.
La pastina, improvvisamente, la volevi nell'altro piatto.
I denti, improvvisamente, non si lavano.

Io ho aspettato, ti ho lasciato libero, ho mollato e un po' tirato, ti ho ripreso, ho avuto paura, ti ho dato la sculacciata sul sedere, non me ne sono pentita, poi mi sono pentita,  ho ignorato i tuoi capricci, mi sono detta fai come dice tata lucia, ho inventato alternative per distrarti, ti ho calmato, ho cantato le canzoncine, ho pensato vedi che con la pazienza, mi hai esaurita, ti ho minacciato, ti ho ficcato nella vasca, ho pensato adesso ti mollo qui, arrangiati, non ho provato senso di colpa nel pensarlo,  ho detto 'fanculo tata lucia.

Tu pensi di prendermi per sfinimento.
O in realtà non lo pensi, e vuoi solo vivere i tuoi 2 anni. I tuoi terribili due anni.
Tu pensi che sei un duro, uno tosto, che esisti Tu al centro del mondo, che ogni cosa è Tua: i legnetti, la cenere, gli amici, la strada, la mamma.
Tu pensi male, amore.
Perchè mi sfinisci, è vero.
Perchè nel tuo mondo ogni cosa è tua, è vero, e tu sei il centro del tuo universo.
Perchè sei un duro, uno tosto, è vero.
Ma  non lo sei a caso, hai preso da qualcuno.
E quel qualcuno sono io, tua madre.
T'è andata male.

Sarà una lotta dura e tormentosa-fine parte prima.


26 marzo 2012

Quando Susibita era una bambina passava l'estate all'aperto in giardino, Nonna Oroscopo non la faceva rientrare manco per la merenda: le passava dalla finestra un panino con un pezzo di tavoletta di cioccolata dentro dicendo "non v'azzardate con quelle scarpe zozze, mi sporcate il pavimento -toh- pigliate".  Per bere c'era la canna attaccata al muro.
Il fatto è che non c'era neanche il tempo.
Non puoi permetterti di perderti via tra quisquiglie e pinzillacchere come togliere le scarpe se devi ricondurre una mandria fuggitiva verso le terre dell'ovest, steccare d'urgenza un cavallo ferito, fidanzarti con Luis Miguel o salvare Tremal Nike dall'attacco dei Thugs.
La pipì si faceva abbassando di corsa i pantaloncini e accovacciandosi dietro le ortensie della nonna, e siccome il terreno era in pendenza Susibita trovava particolarmente divertente osservare il rivolino che correva giù verso il prato.
La ragazza si divertiva con poco.
Poi tirava su mutande e calzoncini e andava a sgozzare un pirata.

C'erano sempre un sacco di cose da fare e ogni tanto qualcuno ci rimetteva -letteralmente- le penne.
Il passerotto acchiappato dal gatto. La lucertola affogata nel catino dell'acqua. La chiocciolina che non facevi in tempo a dire "o-oops" e già faceva crack sotto il sandaletto.
Susibita era bambina oltremodo suggestionabile, oseremmo dire ipersensibile.
Oseremmo dire stranuccia.
Onorava dunque questi piccoli drammi della natura e del fato rendendogli omaggio a modo suo, con piccoli tumuli in giardino e accorate orazioni.
Una volta si mise in testa un velo nero preso dalla cesta dei travestimenti e improvvisò un corteo funebre  - lei, il coniglio, un paio di barbie e una coppia di paperi - per uno sventurato lombrico rimasto fatalmente schiacciato da un sottovaso.
Nonna Oroscopo, permalosamente superstiziosa,  la vide dalla finestra e cominciò a insultarla dicendole di piantarla di giocare alla prefica e menarle sfiga in giardino.

Per questo motivo oggi entrando in camera e vedendo quello che ha visto ha gridato "assassino!! assassino! aiuto!! accorruomo!" causando un mezzo infarto a Papone che già risaliva le scale in modalità E.R. pronto a un imminente parto prematuro.
Per questo hanno raccolto quel piccolissimo pettirosso e l'hanno messo in una vecchia scatolina delle scarpe di Magù, contando su quel battito flebile e su nonsoqualesperanza.
Per questo hanno scavato una buchetta sotto agli iris in giardino e si sono incartati spiegando a Magù:

M. "A nannaa?"
S."Sì. Adesso l'uccellino va nanna sotto terra."
M."Uzzelliinoo?"
S."L'uccellino è morto, è andato a nanna sottoterra e sta lì, capito? fa la nanna lì sotto."
M."Uzzellino volaa?"
P." Sì, Magù. L'uccellino vola in cielo, adesso."
S."Mò non confondiamogli le idee...che si vola? gli ho appena detto che fa la nanna!"
M. "?? nanna? vola? tella?"
P. " Amore sì: il suo corpo fa la nanna ma poi in cielo vola con lo spir, con l'anim, hem, insomma vola. Vola il cielo. Nella nanna, no? Della terra. Hem, tutto chiaro, ti pare?"
M/S."...?...".

Per questo stasera versando i croccantini e cambiando l'acqua, preparando le goccine per l'immunodepressione e sforzandosi di vincere l'irresistibile voglia di sgozzarlo ha guardato  l'Arturazzo passare col suo fare menefreghista almondocisonosoloioesonoungranfigo e gli ha intimato: "Tu mò è meglio che stasera mi stai alla larga".

22 marzo 2012

Quei due lì.

"Che poi non si capisce che c'abbia di tanto speciale."
"Ma infatti."
"Tipo io sono più carina, oggettivamente. E ho pure le tette, dovrebbe fare una certa differenza."
"Eppoi sta barba lunga, spinosa. Eppure niente, non lo molla. Se lo sbaciucchia anche."
"Fossi in te comincerei a lavorarmelo ai fianchi."
"Sì. Devo procurarmi una ruspa, un escavatore. Una di quelle robe lì, che piacciono a lui."
"Tentar non nuoce."
"Forse basta pure il tosaerba."
"Sì ma non so, non sono convinta. C'è come qualcosa che lo strega. Non vedi come lo guarda? Immaginati se mai dovesse vederlo -che so- andare in barca a vela."
"No, se lo vede sono fottuta. Il fascino del marinaio, di quello che chiama le vele per nome, domina la meccanica del vento. Segna: da evitare come la peste. "
"Però che carini, dai. Te li vedi tra qualche anno? Se la intendono proprio. Hanno un futuro, non c'è n'è."
"Me mi danno sui nervi, quei due lì."


Il sangue del mio sangue.
Quello che ha il mio sguardo scuro, la mia circospezione.
Quello che ha la mia idiosincrasia per gli asili, la mia voce sguaiata.
Quello che mi somiglia più di mio figlio, che ha il mio stesso, morboso attaccamento a sua madre.
Il nipote per cui ho fatto questo.

E' innamorato di Papone.
Quello che non è manco suo parente di sangue.
Che sta sempre dietro a un computer.
Che non ha fatto nulla di apparentemente straordinario per conquistarselo.
Che non l'ha cullato, consolato, amato follemente al primo sguardo sul lettino d'ospedale, figuriamoci allattato.
Quello che adesso va in giro dicendo: "Non rimanerci male, Susi: è una questione di feeling. Lui mi ha scelto, io lo so. Lo sento. Credo di capire quello che gli passa nella testolina, non so come mai. Ma sento che lo so. E pure lui."
Quello che lui punta invariabilmente. Quello cui va in braccio e sulle cui ginocchia finisce la pizza. Quello alle cui battute, sempre le solite, ride smodatamente, esagerato.
Quello che fissa serio, poi abbraccia.
Quello che è il padre di suo cugino, ma prima ancora di questo solo e soltanto suo zio.
Quello che lui ha scelto -misteriosamente, irragionevolmente- fra tutti.

Quello lì che  mi dice - vanesio- sì ma  non prenderla sul personale, eh.
Quello che a me  sta sulle balle.

20 marzo 2012

Preghierina: che me lo prendano alla materna. Una delle due.

"Quindi?"
"Quindi niente, dice che anche loro in comune, per quanto ne sappiano, la vedono un po' fosca. Dice di premunirsi e riconfermare al nido o preiscriversi alla privata paritaria."
"Che ci costa comunque meno del nido, giusto? allora dai, facciamo così."
"Ma dicono la preghierina la mattina prima di colazione"
"Nessuno è mai morto per una preghierina, anzi. E  l'anno prossimo ci sarà il micronano e abbiamo oggettivamente bisogno di una materna, di uno scuolabus, di un servizio che aiuti la nostra famiglia insomma, comunale o privato che sia. Tu hai recitato preghierine per anni e stai benone. "
"'Nzomma. Ci sarebbe quel fattarello di quando ho discusso col prete a 14 anni, ricordi? e gli ho detto che trovavo il suo atteggiamento maschilista e pure antisemita, lui mi ha risposto che avevo la lingua lunga proprio come mia madre visto che a lei non ritornava chiara la storia della verginità di Maria e quando era venuto fuori il discorso durante un incontro del catechismo nelle case era nato un pieno, poi la tizia della parrocchia anni dopo è andata da tua madre e le ha  detto ah suo figlio sta con la figlia di quella che dice che mica ci sarebbe nulla di male se Maria non fosse stata vergine? è tanto carina e gentile ma c'ha 'na lingua stanica, te la raccomando. Poi adesso giro con Caino in borsa e ciò non è un bene. Per le preghierine, dico."

Susibita è confusa.
Lei non ha nulla, davvero nulla contro le preghierine in sè.
Ma aveva deciso e pensava che la cosa non l'avrebbe riguardata, che la sua scelta sarebbe semplicemente stata per la scuola pubblica e laica,  che avrebbe avuto la possibilità di questa scelta, insomma.
Che avrebbe detto a Magù che esistono fedi e credi diversi, che lei aveva una sua idea molto imprecisa di ciò in cui crede ma anche una molto precisa di ciò in cui non crede e che se lui glielo avesse chiesto lei avrebbe provato a spiegarglielo, con parole sue (parole simpatiche), ma che si sentisse poi libero di avere un'idea propria, magari diversa, e che avrebbe avuto il modo e il tempo di guardarsi  attorno per trovare la sua, di strada, con calma, nel tempo della vita.
Non sapeva che la scuola pubblica non è affatto scontata.
Non sapeva che trovare un'alternativa, anche privata, ma laica, è più raro che rintracciare dei capelli sulla testa di Sandro Bondi.
Non sapeva che l'annosa quaestio delle preghierine sarebbe arrivata così presto: pensava fosse un problema che si sarebbe presentato più avanti, magari per qualche domanda di un Magù fattosi grandicello e giustamente più curioso e consapevole. Che ne so: a 3, 4 o 5 anni.
Pensava che avrebbe comunque avuto a che fare col discutere, non col scegliere.
Susibita è confusa e c'è rimasta un po' così quando le hanno detto non è battezzato? e vabbè tu non dirglielo, no? perchè non aveva mai pensato fosse una cosa da dover nascondere.
Perchè pensa che  certe scelte non sia affatto necessario sbandierarle ma neppure giusto rinnegarle.
Perchè pensa siano così: semplicemente delle scelte aperte, legittime, intime.
E non riesce proprio a vedere cosa possano avere a che fare col  bisogno/diritto di mandare un figlio alla materna.

14 marzo 2012

Surprise. Oh, surprise.

Quando ti sei laureata pensavi di non aver paura di farti il mazzo e rimetterti in gioco.
Pensavi che avresti lavorato per un sacco di gente, visto posti, cambiato ordine degli addendi.
Pensavi che non sarebbe stato male un master e che avresti trovato la tua strada da sola.
Non pensavi che non avresti lavorato proprio per nessuno.
Che vi sareste invece buttati, tu e quegli altri due, in una cosa più grande di voi.
Che avreste imparato a viverla, domarla e in fin dei conti a farla su misura per voi.
Pensavi avresti avuto tempo d'imparare, di prendere tempi,  ritmi e competenze.
Non che saresti rimasta incinta.

Quando sei rimasta incinta intuivi che lui ti avrebbe portato a fare incursioni nel suo mondo, dove il cielo è color melograno e passano nuvole spumose di parmigiano.
Un mondo zallo dove tutto, ma proprio tutto-tutto è di Magù (èmmmioo?, èmmio??, è mee???) e a merenda si fa sempre il bis.
Un mondo di coriandoli rossi e liquirizia,  filastrocche e Kurt Cobain, di luna e fieno nella stalla.
Dove non esistono la crescenza, il caprino e manco la mozzarella, ma solo formaggi ben stagionati.
Quando le contrazioni di braxton-coso ti sembravano lame taglienti,  la pancia bruciava e il respiro rallentava, quando pisciavi più spesso tu del cane al parco, ecco: allora non avresti mai pensato che dopo soli due anni ti saresti ricacciata nella medesima situazione.

Quando avete deciso di venire a vivere nel paesello in collina avete pensato al fatto che se vai nella sede della Croce Rossa per chiedere di parlare con un volontario perchè hai ricevuto la busta per la donazione ma non sai dove consegnarla, la vecchietta in fila per il dottore, con fare vistosamente paziente e come se interloquisse con un deficiente, ti guarda compassionevole e ti rimanda al pastificio.
Perchè è al pastificio che c'è il responsabile ed è al pastificio che c'è la sede vera e propria.
Ma certo, e dove sennò?  Pure tu, Susibita, sei cozza e pure tarda.
Avete pensato al fatto che la gente dedica tempo a te e alla voglia di ridere, ti racconta barzellette sul parto in cui tipicamente il marito finisce cornuto causa postino, ti regala il calendario della croce rossa e pure 200 gr di spaghetti freschi almeno stasera fate presto a fare cena.
Avete pensato che la farmacista conosce il tuo nome e quello di Magù, se lo ricorda dalla prima volta in cui siete entrati, voi col vostro strano accento al seguito, e vi tiene da parte i pannozzi in offerta.
Avete pensato agli asparagi selvatici e alla cicoria tra i sassi, a Googhi tra gli ulivi e all'Arturo con le lucertole.
Non avreste pensato che dopo quasi due anni di distanza dal trasloco avreste avuto il medesimo, identico, impulso a prendere a randellate sui denti quelli dell'impresa costruttrice, che già pensavate di esservene liberati, invece stanno ancora là e sono pure confinanti.


La vita rivela sempre una certa dose di sorpresa.





Si dà il caso che Susibita abbia scritto un piccolo guest post qui, su Le Nuove Mamme, parlando delle sue FilAppstrocche. 
Si dà il caso che si autopromuova qui dentro, dove si sente al sicuro perchè la gente che passa la conosce,  e ciò nonostante - inspiegabilmente - non la evita.

9 marzo 2012

Ciò che non sono*.


Non sono un clichè.
Non amo la moda, non guardo sexandthecity, mi vesto alla cazzo, non soffro se non mi sposi.
E guido male di mio, da sempre, pure se mi chiamassi Bertrando.
Ma ci rimango male se m'insulti perchè faccio piano la rotonda.
Ti faccio il dito -sia chiaro- ma quelle parole continuano a restarmi appiccicate addosso e mi offendono e feriscono, sappilo.
La ricrescita dei baffetti, in effetti, mi manda un po' in paranoia.
Se passando mi guardi il culo e ti passi la lingua sulle labbra non lo trovo sexy. Lo trovo ridicolo (e un po' patetico).
Cerco di non dirlo troppo in giro ma vorrei essere un po' più alta, a volte avere più tette.
Poi rimango incinta, mi crescono e mi lamento perchè mi danno noia.
Ho cominciato a mettere la gonna a 2 anni e ho smesso a 8.
Ho ripreso solo dopo i 25 e ancora oggi non è che ci credo veramente quando mi dici che sono bella.

Non sono un uomo.
Mi perdo per strada: in macchina, a piedi, e sui mezzi. Nel caso, fermo un passante e chiedo indicazioni. Ciò non mi suscita scompensi.
Conosco il significato di “cestino del bucato”, sai quella roba in cui metto i calzini quando sono sporchi. Sorprendente.
So dove in casa teniamo il cambio delle lenzuola e sul cellulare ho il numero della pediatra di nostro figlio.
Se nel frigo non vedo la carne non penso: “è vuoto”. Penso: “è finita la carne”.

Non sono una bambina.
Quando vedo un neonato, adesso, è diverso. Per via di quella notte, sai, in cui ho pianto e gridato.
Per via dell'odore del latte, delle lacrime e delle mandorle.
Il mio corpo è mio, ma mi piace se ci giochi.
Non mi puoi più prendere in giro tanto facilmente, e se lo fai, poi me ne accorgo: e m'incazzo.
Ma non mi fa paura dirti che mi piaci, spudorata, saltellando sui calzini mentre brucio la cena.
Rido ancora guardando Gatto Silvestro arrotolata sul divano.
E quando lecco il gelato, d'estate, dondolo le gambe.

Ma se anche fossi tutto questo o invece il suo opposto; se valesse, per me, per te o per gli altri, tutto e il contrario di tutto, andrebbe bene comunque.
Perchè non mi aspetto che siamo uguali, né solo per oggi né da domani.
Perchè mi aspetto che rimaniamo diversi ma veniamo pagati uguali, che t'indigni se ciò non accade, che non ti eccitino le farfalline, anzi che te ne vergogni.
Che lotti per te, per me e per noi, che insegni a nostro figlio a fare altrettanto e che ci mettiamo l'anima, in definitiva, per farne un uomo.


* questo post sarebbe dovuto uscire ieri ma ho evidenti problemi di connessione. Comunque auguri a tutte, in ritardo.

5 marzo 2012

Stiamo arrivando.

Il giorno prima della partenza Susibita comincia ad agitarsi.
Soprattutto se è una partenza anticipata, non calcolata, poi ancora posticipata per via di un falso guasto alla macchina.
Si agita perchè deve chiudere casa, sistemare Googhi e Arturazzo dalla nonna, avvisare l'asilo, bagnare le piante e stendere i maglioni che macerano nella bagnarola da più di 24 h.
Si agita perchè in 6 giorni soltanto dovrà vedere gente per lavoro, andare in banca, trovare parenti e amici, cambiare le gomme alla macchina.
Perchè i cambiamenti, anche brevi,  la destabilizzano.
Perchè domenica ripartiranno dopo una festa organizzata per loro e lei lascerà i visi un po' amareggiati della sua famiglia acquisita con nostalgia mista a sollievo e a un familiare,  mai sopìto senso di colpa.
Perchè non sa che temperatura farà, che tempo farà, quanto pioverà e non ha cose da mettere in borsa.
Perchè di certo dimenticherà qualcosa di quello che ancora deve portare giù, e sicuro s'è dimenticata qualcosa di quello che deve portare su.
Perchè ogni cosa ed ogni persona nel suo vecchio paese sarà uguale a sè stessa,  lei lo attraverserà con la pancia che ormai è di 6 mesi e ciò provocherà in Susibita struggimento, malinonica riflessione sullo scorrere del tempo e le morte stagioni (e la presente e viva e il suon di lei).
Perchè andrà a salutare Prozia Profondo Nord, ma con un mazzo di tulipani freschi e guardando una sua vecchia foto soltanto.