24 luglio 2019

Sette (di altalene e crepuscoli).

Ieri sera sentivo silenzio, al piano di sotto.
Così sono scesa, quatta quatta, perché sapevo ti avrei trovata di nascosto davanti alla tv e volevo beccarti - sì, volevo beccarti in fallo.
Invece davanti alla tv non c'eri.

Oltre la portafinestra, ti ho vista.
I capelli lunghissimi che sfioravano l'erba, le gambe levate in alto.
Tu, l'altalena, il crepuscolo.
Non c'era altro.
Dondolavi forte, i piedini schizzavano verso la luna.
Tacevi e spingevi, non sapevi che ti stavamo guardando, al di qua del vetro.
Non ho mai visto - a parte le volpi occhi gialli, quelle che incrociamo di notte sulla strada verso casa - nulla di più libero, di più selvatico.

Per te il nostro giardino è bello di notte.
Per te lanciarti al volo sull'altalena partendo dalla sedia è un gioco tutto di testa: "Sai che ci vuole, mamma, per farlo? Solo due cose: credere in te stessa e poi saltare."
Per te "io sono nata per il circo, mamma."

Per te perdere un dentino davanti è bello,  la monetina ti rende ricca.
Per te ricca è poter giocarti la monetina al bar della piscina. E vincere, chiaramente.
Per te fare i compiti è bello.
A te, a parte tutto, basta un gatto.

A te io non riesco a credere.
Quanto sei semplice, come sei bella, perché tanto forte, da dove mai sarai uscita.
Perché a me, proprio a me fra tutte, che ti cerco davanti alla tv e non so nulla ma nulla invece, della tua notte e di come si fa - dannazione - a volare.