26 novembre 2014

Lo sgabello e altri pensieri.

La mia amica L. una volta mi ha detto che sono fatta per imbattermi in incontri strani, che ho una calamita per attirare personaggi da romanzo.
Ci ho riflettuto e non penso sia vero.
Penso che il tutto sta nell'andare nei posti giusti nel momento giusto.
Il momento giusto fa tutto.
Ad esempio se voi al cimitero ci andate di domenica mattina, incontrerete per lo più la sfilata di quelli usciti da messa in ghingheri, che buttan via fiori freschi e fanno a gara col vicino di tomba per quale delle due è più in ordine.
Se invece ci capitate in un tardo pomeriggio di giovedì, allora ci trovate lui, che avrà 80 anni suonati lì seduto sul gradino, e guarda la tomba di lei.
Se avete bisogno della scala, in un tardo giovedì di Novembre, lui si sposterà sollecito, scusandosi perché quel giorno non s'è portato lo sgabello. Perché di solito porto lo sgabello, vi dirà.
Allora in quel tardo pomeriggio novembrino voi guarderete le date sulla tomba, e ci sarà scritto 1922-2014, ma la foto sarà in bianco e nero di una donna giovane, coi capelli sciolti dietro le spalle.
Poi noterete lo spazio vuoto accanto alla tomba, ricoperto di sassolini bianchi, in attesa.
E allora cambierete i fiori ai vostri morti in silenzio con un groppo così, perché avrete capito che quello non è un romanzo.

Al cimitero ci vado sempre perché mia madre mi ha insegnato che l'amore continua, anche se a Messa non vado più e in Dio non credo ancora.
Ci trovo i miei nonni e i miei bisnonni che non ho mai conosciuto ma di cui so tutto perché -sempre mia madre- lei è una che ricorda moltissime cose e anche perché la famiglia è un abbraccio stretto e talvolta inopportuno, ma su misura.
Un abbraccio su misura non so se ce l'avete presente: è quando una persona ti abbraccia e non avanza fuori niente, non è troppo alta che gli allacci le ginocchia, né troppo magra che ci potresti far due giri. L'abbraccio su misura è fatto per te, che ne sei il metro, pure se sei alta un decimetro e una banana.

Il cimitero mi fa sorridere perché vi permangono simpatie e antipatie faziose, lasciate in eredità ai posteri.
Ad esempio io cambio i fiori a tutti, ma i più belli sono per il mio nonno, quello bello e comunista come Vladimir Ilic Ulianov Lenin, ormai lo sapete tutti.
Molto belli li metto anche al mio bisnonno col naso lungo e le orecchie a sventola, che è stato l'uomo più buono e dolce sulla terra, me lo dice sempre mia madre e io le credo.
Spesso ci stupiamo che nessuno abbia poi preso da lui, visto che siam venute fuori tutte un po' stronze,  nessuna esclusa.
Al trisnonno  G., invece, classe 1826, cambio i fiori ma per lo più gli metto un po' di verde, perché a mio Nonno stava sulle balle e diceva che era un po' una mezza carogna, allora io -giustamente- ne diffido, perché mio nonno aveva sempre ragione e questo non può essere messo in dubbio: è una legge perpetua.
Il mio nonno avrebbe 102 anni e so che sarebbe ancora bello come Vladimir Ilic Ulianov Lenin, ma quanto al comunista chissà.
Il mio bambino ha il suo sguardo.

Se capiti al cimitero in un tardo pomeriggio di Novembre fai incontri e pensieri che possono sembrar strani, ma che sono solo veri.
Per affrontarli, e in qualche modo superarli, puoi solo metterti di fronte al computer con le cuffie, e lavorare avendo cura di alternare le prime Christmas Carrols ai Ramones, perché sei una persona equilibrata e coerente.

18 novembre 2014

Conferme.

Nel caos generale alcune scoperte sono solo conferme:

- Vivere in campagna ha inibito e ormai quasi totalmente azzerato le già pur scarse prestazioni automobilistiche di Susibita.
In 3 minuti entro i confini della Città Grande Susibita si perde, e non è un'iperbole.
Uscita dall'autostrada non fa in tempo a percorrere 100 m e già si è persa, con Lui che la chiama inveendo "Ma dove vai? ti ho vista imboccare quella sbagliata: la seconda alla rotonda, la seconda, non la prima! Ma come ci sei riuscita? eri qui, 5 secondi e mezzo fa.".

Modestamente.

- I tempi di percorrenza nelle provincie del nord non sono proporzionali alle distanze.
Se alle 17.20 pensi di essere in anticipo per girare attorno all'isolato, fare una rotonda e avviarti verso la stazione per le 17.40, affrettati perché non è vero: sei in ritardo.

Dio che ansia.


- Mentre tu vivi in campagna la Legge della Coda continua indefessa a mietere vittime: quando spegni il motore perché insomma il gas serra, le emissioni etc, ecco quello è il momento preciso in cui la coda ricomincia a scorrere.

Ridatemi l'apecarre.


- Tua suocera -classe 1935- gioca online a un roba che si chiama Gothic Soldiers-Costruisci il tuo Impero, c'ha l'account e tutto. Ogni tanto nel buio della stanza lo schermo s'illumina e giunge l'urlo raccapricciante di qualche troll.

Poi dice la strana è Susibita.

- Nei moderni supermercati delle provincie del nord ci sono interi reparti dedicati al bio, all'etico, al vegan, al bio-etico-vegan. C'hanno il tofu disidratato, gli straccetti di seitan, le mandorle della Manciuria da coltivazione a lotta integrata, la candeggina biologica che la puoi pure dare ai bimbi al posto del succo. C'hanno TUTTO.

Tiè - stolta (pseudo-)vegetariana in fuga dalla civiltà.

12 novembre 2014

Domani è un altro giorno (ci sono i 20, e poi i 30).

A 20 avevo belle gambe. Nascoste.
A 30 gambe più magre, meno toniche. Nude.

A 20 tutti giustificati, eccetto me stessa.
A 30 beneficio del dubbio fino a prova contraria.

A 20 e se poi pensa...?
A 30 c'è  il tuo parere. E poi c'è il mio.

A 20 solo rock e dintorni. A 25 intermezzo amarcord con cartoons anni '80.
A 30 Radio24.

A 20 Dio che male.
A 30 il male disgusta, ma scuote.

A 20 sono peggio di (quasi) tutti.
A 30, voglio essere una brava persona.

A 20 Tolstoj. A 30 Dostoevsky.

A 20 sola. A 30 insieme.

A 20 mi faccio il culo, che poi mi ripaga(no). A 30 mi faccio il culo, se lo dico io.

A 20 chissà che bello.
A 30: vedi? questo è bello.

A 20 paura.
A 30 Rossella O'Hara.

4 novembre 2014

Saturno contro.

Scrivo dei bambini perché i bambini sono la mia isola felice.
Quando si ha Saturno contro è sempre bene avere delle isole felici su cui rifugiarsi per un po', prendere fiato al sole.
I miei bambini sono la mia isola felice, ora.
Non so se sia una cosa bella oppure brutta, so che è così.
Non so se sia giusto, oppure brutto, oppure ancora inopportuno.
Se suoni male dirlo perché dovrebbe essere il contrario: io il loro rifugio, io la loro isola felice.
Ma in realtà sono vere entrambe, e la cosa mi pare, oggi, ambivalente.

Il fatto che loro siano la mia isola felice purtroppo non li esime dall'essere stancanti - degli scassamaroni, diciamolo- e non mi esime dall'essere stanca -un'isterica, ammettiamolo.
Così stasera ho urlato parecchio, alle mie isole felici, perché non stavano fermi, e litigavano sul letto, e prima -a cena- si mollavano calci sotto il tavolo, e lei c' ha quella vociaccia, e lui è un frignone.
E io sono esaurita, sotto pressione, sono pure un po' depressa. C'ho Saturno contro.

Dire che i figli sono degli scassamaroni oggi va di moda, fa tanto mamma moderna, la non-solo-mamma, la i-figli-questi-adorabili-scassacazzi-si-può-dire-?-sì-dai-si-può-dire.
La mamma nuova, la figura che spesso ho contribuito a modellare in questo spazio, cui abbiamo -in tante- contribuito, nei nostri spazi.
Un po' la sentivo mia, un po' sono andata dietro al battutame: senza far male a nessuno, solo perché è divertente, è catartico, è persino vero, in parte.

Ma la verità più banale, molto anni '50, molto fastidiosa e molto evidente, è che a un certo punto ti accorgi che in effetti loro non sono tutto, ma sono tutto ciò che conta.
Alla fine di tutto, a conti fatti, la forza me la danno 4 fila di ciglia addormentate, 5 dita per piede, 2 nasi piccoli, 1 moccolo incrostato, 1 guancia soda e fresca per lato, moltiplicata per 2.
Del resto, francamente, non me ne frega niente.
Si fotta Saturno con tutti i filistei.