31 ottobre 2011

Noi siamo contro le tradizioni altrui importate, specie se yankee.

Noi non subiamo il fascino di zucche polpose e travestimenti.
Noi siamo degli integralisti puristi che al massimo-massimo portano due crisantemi al cimitero e mangiano gli "oss di mort".
Ma mai, MAI,  ci sogneremmo di intagliare zucche,  elucubrare travestimenti o partecipare a festicciole improvvisate.
Soprattutto non ci salterebbe in mente di divertirci così, tanto per il gusto di farlo.
Puah.


-Perchè anche qui dal Paesino in Culo ai Lombrichi stiamo al passo coi tempi-

"Fatto, siamo iscritti."
" Ma si mangia?"
"Certo, menu per bambini: pasta al pomodoro, patatine, dolcetti."
"Fico. E dov'è che siamo?"
"All'Arci Caccia."
"Susi..."
 "Eh."
" Noi non abbiamo la tessera e siamo pure animalisti."
"Questo è un dettaglio che non gli è dato sapere."
"Mi stai dicendo che siamo imbucati alla festa dei cacciatori?"
"'Mbhè? Il menu è vegetariano."
 "..."

-Del perchè finiamo per fare ai nostri figli ciò che è stato fatto a noi-

"Trovato. Mago dell'Autunno."
"Ma che è? Mago dell'Autunno...eddai...com'è sta cosa che ti devi inventare delle maschere che non esistono? Non possiamo restare su qualcosa di più tradizionale?"
"Non tollera maschere sul faccino, non si lascerà mai truccare, abbiamo a disposizione tutt'al più la mascherina con le antenne che forse non si toglie. Formica di Halloween??"
" Che poi 'sto Mago dell'Autunno come sarebbe?"
"Faccio io il cappello, poi gli appendo due cartoncini su cui incollo le foglie: l'effetto che cerco è tipo sandwich-man. Secondo me è fichissimo. Che ne dici?"
"Che sei malata."
"Allora cavaliere senza testa, 'scolta bene: sacco della spazzatura nero con buchi per testa e braccia. Spago attorno alla vita. E la corazza è fatta. Ci sei? Seguimi: per spada un bastoncino di legno. C'è solo il problema della testa mozza, ma in qualche modo rimedieremo."
"Da cos'hai detto che ti vestiva tua madre da piccola per carnevale?"
"Gretel, la sorella sfigata di Hans. Un'altra volta da Moglie del Pirata -cosa che trovavo del tutto maschilista ma lei sosteneva che ero io a mancare di fantasia-,  avevamo appena finito la saga di Salgari. Poi da Coniglio perchè al supermercato erano finite le principesse e pure gli alieni. Perchè?"
"Niente, così. Giusto per sapere."

26 ottobre 2011

4 motivi per cui amo questo posto.


Perchè, d'autunno:

il rosso è ROSSO.


Il giallo è GIALLO.


Esistono sentieri di sabbia da percorrere.


E c'è sempre chi scodinzola.



E forse ognuno di voi potrà dire lo stesso di altri luoghi.
Ma questo è mio, e fa tutta la differenza del mondo.

21 ottobre 2011

Lei legò i lunghi capelli biondi in una coda alta, il laccino in bocca e un libro aperto sulle ginocchia.
Fece un grosso nodo dietro la nuca, scostò l'ultima ciocca, inarcò la schiena e fece scricchiolare il collo, voltò pagina.
Il grosso gatto bianco dentro il trasportino di vimini miagolò.
Lei sporse l'indice oltre le sbarrette per una distratta grattatina sotto il mento, senza staccare gli occhi dalla pagina.
Le 7.
L'uomo accanto a lei si alzò, spense la sigaretta.
"Andiamo, tra poco chiamano.".
Lei  chiuse il libro e lo infilò nella borsa, si alzò con precauzione, un po' sbilanciata, e si avviò verso la dogana con quell'andatura cadenzata, vagamente ridicola, della donna incinta.

Lui avrà avuto 25 anni, un corpo esile e probabilmente del tutto insulso fuori dalla divisa.
Un paio di baffetti neri curatissimi e l'aria di chi sta portando la proria carriera esattamente dove aveva programmato che andasse.
Che noia, gli ci voleva un'altra sigaretta.


"La borsa."
"Buona, Cleo, che c'è? ora saliamo, ntch-ntch, stai tranquilla."
"Amore, la borsa."
"La borsa. La svuoti qui."
"Eh? Cosa? Ah la borsa, sì."
L'astuccio del trucco, un pacchetto aperto di caramelline alla menta, gli occhiali, il foglio spiegazzato con la ricetta della torta allo yogurth di sua madre, il libro.
Il libro.
Lui lo prese in mano, lo rigirò. Fissò il titolo sulla copertina, le labbra increspate in un sorriso sarcastico. Disse qualcosa al collega alle spalle, qualcosa di brutto.
Con disprezzo, si capiva, perchè lo fece sputando le consonanti.
"Merda. Non può portare questa merda dentro al paese."
Gettò il libro nel cestino dietro di lui, lei lo vide cadere tra mozziconi e fazzoletti sporchi.
"Mer...? Cosa?? ma come si perm..."
"Zitta. Lascia stare. Va bene, arrivederci, grazie. Toh, piglia i documenti e andiamo."
"Ma come grazie? Ehi, non tirare, hei!"
"Cosa ti credi, di essere a Malpensa? Non ti voltare, non li guardare. Occhi bassi e andiamo."
Lei fece solo in tempo a rivedere la copertina, tra le carte e la cenere.
Per.Chi.Suona.La.Campana.
Qualcuno ci sputò sopra.

Così poteva succedere, ad atterrare alle 7 di una mattina del 1980, mentre Tripoli si stava appena svegliando.

Ieri ho pensato tutto il giorno a quel soldato.
Che ne è stato, della sua carriera. Dei suoi sogni, del suo credo.
Se si è ricreduto, o gli e è rimasto fedele.
Se è stato felice, se si è innamorato, sposato.
Se ha mai regalato un libro.
Se qualcosa gli è mai stato rubato.
Se ha amato un figlio, o più di uno.
Se ha preso botte, o ucciso qualcuno.
Se è stato tradito.
Se ha provato pietà.
Se ha capito di avere torto oppure ragione.
Se ha mai pensato che la campana suona per tutti, mai per uno solo.


19 ottobre 2011

Deciditi.

"Magù allora glielo dici tu a A-ha di fare il bravo stanotte?"
"Cì."
"Se si sveglia gli dici di non piangere e tornare nel suo lettino?"
"Cì."
"Tu lo sai che non si deve alzare e deve dormire tranquillo tutta la notte, vero?"
"Cì."
"Bene, allora siamo d'accordo: stanotte si dorme."
"Eh gnooo...!"





13 ottobre 2011

Ascoltami, Magù

Ascoltami, Magù.
Voglio raccontarti una storia.
Non è una favola, non è una storia con effetti speciali, ma è una storia che sa di vero ed è bella per questo.

Tua mamma è nata in un giorno d'autunno e quando la portarono a casa faceva quel freddino che fa nelle sere in cui si è persa l'estate e l'aria di vetro ha quella luce un po' bagnata che sa di condensa e di fumo.
Al suo terzo natale le fu regalato un pupazzo a forma di coniglio coi baffetti impomatati e un ridicolo papillon a pois  bianchi.
Lei ne fu travolta.
Travolta da quell'amore cieco, assoluto, senza respiro che amano solo i bambini.
Quello che non capisce, non tollera le assenze.
Quello che s'aggrappa ai pantaloni e si getta per terra, che dorme avvinghiato, vuol esser dondolato.

Amò intensamente il suo coniglio e per questo lo riempì di baci, gli insegnò a prendere il tè col gruppo delle bambole e lo pteurosauro, lo invitò ai suoi compleanni e a quelli dei suoi amici, lo portò in gita alle piramidi e in sella a quella vecchia cavalla bianca con le coccarde sulla porta del box.
Gli insegnò com'è che si comporta un vero pirata e alla fine, soddisfatta, lo fece ufficiale del proprio vascello.
Fu generosa e offrì sempre aranciata e formaggio in abbondanza, non lasciò mai che dormisse da solo e perchè non vedesse i rami frustati dal vento sul vetro nelle notti di tempesta, lo stringeva forte al viso e gli cantava storie di cuscini.
D'altronde era per lei un fratello e quando lo diceva si faceva seria seria, perchè non vi fossero dubbi: lei non stava scherzando.
Lesse per lui ogni libro di fiabe nel modo in cui leggeva lei a 4 anni: col libro al contrario e la vocina acuta e saccente, succhiando una fetta di limone.
 Lui la ricambiava gettandole lo stesso costante, fiducioso sorriso da ogni angolo della casa in cui lei lo avesse appoggiato. Ascoltava ogni suo racconto, placidamente appagato e deliziato, senza fare domande. Declinava gentilmente ogni offerta e lasciava che fosse lei a finire anche la sua parte di gelato. Consolava le sue lacrime calde e le asciugava nel cotone delle proprie orecchie di cui lei  abusava talvolta per indagare i recessi delle proprie narici, già che c'era.

Dove c'era lui, c'era lei.
E si amavano, sai, per via del fatto che ogni paura di lei era la paura di lui, ogni dubbio che lei si poneva era la domanda che attanagliava anche lui, ogni ingiustizia subita era da vendicare insieme, ogni languorino era lo stesso mal di pancia, ogni febbre il comune delirio, ogni puntura l'identico terrore.
Così lei non fu mai veramente sola, per molti anni, in qualunque posto andasse.

Ti sembrerò banale, ma è una storia così, senza una vera fine.
Quel che conta, in questo caso, è più il viaggio.
Per questo  stasera, quando ti sei portato a letto quel coso blu che credo miri a sembrare un orso, io ti ho chiesto come si chiamasse e tu ci hai pensato un paio di secondi e poi mi hai fatto: "A-ha", io mi sono ben guardata dal prenderti sotto gamba e gli ho detto: "Benvenuto a bordo, Ufficiale."

10 ottobre 2011

Su Google c'è gente strana

O voi cibernauti che mi trovate su Google digitando:

"Susibita childfree"
Nego tutto: non l'ho mai detto, non ne avete le prove.

"conoscere gente senza figli", "persone senza figli" ma anche "portare bambini a casa di gente senza figli"

Non so come dirvelo, ma ho un figlio.

Voglio far ammalare il mio capo.
Tutti abbiamo bisogno di un sogno.

Mi sono licenziata perchè ho vinto al superenalotto.
Davveeero?? Ma che bella notizia. Te possino.

30 anni poco, 30 anni assai.
Buona la prima.

Troppi peli, troppo magra.
Cazzo, m'ha beccata la mia estetista. Dani???

E' strano non volere figli.

Non direi, tesoro. E' strano averli. (ma è il suo bello)

Spalmare piscia.
Perchè, a voi non succede?


Buono sconto all'autolavaggio.
Quale? Dove?

E adesso pedala.
Grazie, che carino. Li mortacci tua.

Dicevo così per dire.
Anch'io.


7 ottobre 2011

Sappilo.


Sappi che digitare su Google "Whiskey il ragnetto: testo e gesti" è un atto d'amore.


p.s.

Sappi che sei buffo.
Sappi che ho provato a starti dietro, ma tendo a disallinearmi rispetto alle coreografie tradizionali.
Sappi che è bello guardarti ciondolare a ritmo mentre ti sforzi di ricordare i gesti ad ogni strofa.
Serio, concentratissimo.
Sappi che non sapevo fosse così bello: che sia tu ad insegnare qualcosa a me.

3 ottobre 2011

La città per una che vive in campagna è tutto ciò che hai lasciato alle spalle.
Tutto ciò che non hai scelto.
La città a 300 km da dove vivi è un pezzo di passato, e non dei più piacevoli.
Solo un pezzo -direte voi- ma pur sempre un pezzo -dico io-.
Città è caffetteria della metro con le porte spalancate e prufumo di croissant che t'investe ai tornelli. Che in città sanno vendersi bene, non ci son cazzi.
Finestrini appannati, vagoni affollati, visi sbiancati sono città.
Caffè e giornale gratuito in stazione è città.
Città è vetrine belle anche solo da guardare. Che in città sanno allestire, non ci son cazzi.

Città sono i librai coi biroccini sui lati dei portici, la mattina umida tra le pagine delle vecchie edizioni.
Città è il marciapiede tra i palazzi su cui hai corso mille e mille volte, il lato all'ombra d'estate, il lato al sole d'inverno. I sanpietrini che ti mangiavano la suola.


Ritornarci senza libri in mano, niente bocca dello stomaco contratta prima dell'esame, niente casco allacciato allo zaino, niente culo piatto il primo anno dopo due ore a terra perchè oh ma che è? tutti sto corso dobbiamo seguire?, niente aule deserte gli ultimi anni, alla fine che specializzazione hai scelto? ah sì? ma non volevi mica studiare i dinosauri, te?
Appoggiarsi alla colonna del chiostro sgranocchiando biscotti nell'aria d'autunno e avere 20anni.
[I soliti cracker un po' tristi, almeno risparmio. Una sciarpa colorata, le gazzelle grigie a stringhe blu, i libri troppo pesanti, cazzarola ho rotto la tracolla di nuovo.
La corona di alloro e una camicetta di porpora, tu che ridi mentre ti bacia.
Apri una busta e corri al telefono.
Quell'anno che ti ha cambiata, che ti ha fatto anche un po' male.
Giri la chiave e sposti lo stendino, la porta del bagno aperta con la coinquilina che si depila.Che me passi er cellulare che me sta a squillà?
Così ricordavi, nell'aria d'autunno, e una briciola scivolava giù dalle labbra].

Avere di nuovo 20 anni e volerseli scollare di dosso perchè no grazie, proprio non t'interessano.

Non avere più 20 anni e guardarsi attorno.
Dopo cinque, no sette, va bene ok, 10 anni.
E no, il mondo non lo hai spaccato. Tantomeno cambiato.
E no, non sei partita con medecins sans frontieres, non hai scritto il romanzo della tua vita, nè hai poi vinto quella borsa di studio in quel fichissimo camp californiano.
Non hai pagato nemmanco il tagliando della macchina, Susà.

Però ci sono sempre quei altri due, gli amici di sempre, e visitate musei, entrate nelle chiese, camminate nei parchi, portate avanti dialoghi surreali da cinque, no sette, va bene ok, 10 anni.
Lei: "Ti dico che qui ci stavano i Teatini."
Lui: "Si ma non nel '600, se non erro anche prima."
Susibita: "Vi ho mai raccontato di quella volta in cui Magù stava per ciucciare lo spazzolino del water?"
Lei: "Non ne sarei così sicura. Ddììo che ribrezzo queste cornici, ma come si fa? sono deplorevoli. Detesto il Barocco."
Lui:" E' sempre interessante visitare una chiesa con voi cattolici, siete spassosi."
Susibita: "Ma soprattutto: cosa sono i Teatini?"

In più c'è lui, quello che parla ai piccioni.


 
"Coccòò-coccòòò... "
"Magù, amore de mamma, non sono polli, son piccioni, poracci."
"Bau! Bau-bau!"
"..."

Non c'è nulla di quello che avevo immaginato, dopo questi 10 anni.
Ma c'è ancora tutto quello che allora contava davvero, e persino qualcosa in più.

Io devo essere sincera: a me i 30 anni piacciono.
 (Anche se ne ho 27, eh.)