25 novembre 2015

non vedo l'ora.

Al biondino posso chiedere di dare i croccantini al gatto, lavare bene i capelli a sua sorella sotto la doccia o sederle accanto sul pulmino.
La cosa bella del biondino è che lui ci metterà sempre del suo e preparerà pure un ciotolino con l'acqua, le passerà il sapone anche tra le dita dei piedi, o la cingerà col braccio una volta seduti.
Ancora ci si chiede cosa mai c'abbia quella per meritarsi uno così, ma vabbè.
Il Biondino è DAVVERO cresciuto, e io non riesco ancora a decidermi se ciò sia meravigliosamente stupefacente o irreversibilmente terribile, ma temo entrambe.

Nina è tutta negli occhi tondi sotto la frangetta e nella bocca grandissima.
Voi non ne avreste il sospetto, a guardarla così com'è nel grembiulino rosso dell'asilo che pare un'illustrazione di Capuccetto Rosso re-incarnata, ma da quella bocca grandissima esce ogni genere di abominio.
Nina è uno sforzo continuo di comandare, soggiogare o imporre, oppure in alternativa blandire, sedurre, adulare.
Che poi altro non è se non un modo più intelligente per comandare, ordinare o imporre.
Inoltre proprio questo pomeriggio l'ho sentita chiaramente dire "cazzo".

Ci sono giornate abominevoli.
Serate in cui sono talmente stanca che dal nulla scoppio a urlare forte, davvero troppo forte mentre loro mi guardano impietriti e confusi, chiedendosi probabilmente quale terrificante demone si sia mai impossessato della loro mamma.
Non potendo dirgli "mestruazioni" mi limito a scoppiare a piangere e a chiedere scusa frignando che devono stare buoni, chiudere gli occhi e lasciarmi andare a letto a leggere un libro, perdìo.
Ci sono giornate invece di cui sono grata.
Pomeriggi in cui leggiamo un po', sbocconcelliamo biscotti, cuociamo cose in forno, non c'interessiamo delle briciole sotto il tavolo, facciamo un puzzle e apparecchiamo tavola che ha fatto buio da poco.
In queste giornate andiamo a letto prestissimo e me li metto accanto, mentre di là i loro lettini restano intonsi.
In queste giornate non penso alle mail della mattina dopo, non ho la sindrome pre-mestruale, e mi registrerei tutto il tempo da tanto che sono una brava mamma, no sul serio: mi sembro una della pubblicità Pandoro Bauli però piccola, mora e pelosa.

da un po' di giorni siamo soli da troppi giorni.
ma tengo duro, sì, perché ora torna.
e allora ci saranno biciclette, e arance, e molto baci, e non aver paura ci sono io, e gambe lunghe sotto il piumone.
non vedo l'ora.







16 novembre 2015

normalità.

La normalità del fiato corto, del vetro appannato.
La normalità di mandarti un bacio, al di qua della finestra.
La normalità delle nostre voci al telefono, della loro pelle bambina.
La normalità di una corsa in bici, lui che grida chi è la lumaca ora, mamma?
Il profumo d'arrosto che esce dalle case, la domenica alle 11.
La normalità di amare e quella di litigare.
La normalità dell'ultima luce della notte, nella prima ora del giorno.
La normalità della musica sulla terra.
La normalità dei tuoi piedi in fondo al letto, degli asciugamani umidi in bagno.
La normalità delle tue dita affusolate, dei loro denti piccoli, splendidi tra le foglie accartocciate.
La normalità di questo taglietto qui, sul braccio.
La banalità dell'errore e quella del respiro.
La normalità del sangue caldo nelle arterie, del vostro cuore vivo.


Per tutto questo
io
ringrazio.




4 novembre 2015

La ragazza altalena.

a me a volte mi piglia questa rabbia sorda, questo mostro nero sulla spalla.
io lo odio.

le mie giornate per essere perfette dovrebbero essere fatte solo di questo posto qua fuori, le tane dei conigli proprio dietro la fermata e il grave dilemma delle lumache che m'han fatto fuori 3 piante di cavolo.
e invece.

le vostre giornate sono perfette?
ma soprattutto - secondo voi- che diamine c'entrano perfezione e felicità? e poi ancora: cos'è, in fin dei conti, questa felicità. e come la ottengo. e sarà proprio lei quella che cerco?
le mie giornate -ora in realtà va un pochino meglio, e parliamo di settimane- sono delle altalene.

Erano le 10 di mattina solo qualche giorno fa quando mi ha detto "c'è qualcosa che desideri di più? io no. sto bene così, precisamente." e io ho pensato hei. hei, gente. silenzio in aula, signori e signore. questo qui è uno di quei momenti da archiviare. questo qui è uno di quei momenti proprio uno di quelli che rischi di perderti, invece è proprio lui, quello che poi ti ripeschi in testa nel momento del bisogno, quello che - mesdames et monsieurs - fotografa la felicità, la cristallizza non in un vita, ma più saggiamente in un momento. In questo, momento. Concentrazione, ragazza. Alta concentrazione.

poi basta una telefonata, nel mio caso sono sufficienti 3 frasi e un tono, e puff - momento attenzione passeggeri, serenità a palate in arrivo, stasera si dorme andato. Via, out, raus, sayonara.
Il tono. Signori miei io potrei farci dei trattati sul tono.
Dicono che questo sia tipico di tante donne, ma sapere di essere una psicopatica in mezzo a molte non mi consola.
io spesso coi toni ci azzecco, ma mi levano anni di vita, ve lo giuro.
capace che imbastisco le peggio conclusioni del mondo su un tono.

"Eh però questa cosa non è stata gestita bene."
"Mi stai dicendo che non so fare il mio?"
"no, sto dicendo che questa cosa qui non è stata gestita bene."
allora è finita, eh? ecco. lo sapevo. la strada. il fallimento. il riscaldamento globale, la fame nel mondo, le cavallette.
"Ho capito. Le cavallette."
"Ma io non intendevo questo, non ho mai parlato di cavallette."

Tu no, ma IL TUO TONO sì.

La felicità sarebbe pure semplice. Sono io, il casino.
Che poi la felicità è sopravvalutata.
Quello che voglio io è la serenità, l'equilibrio.
Scendere dalla fottuta altalena.