24 marzo 2015

Quel giorno in cui ballavo "cocaine" davanti ai miei figli o Dell'apprendimento.

Dicono che gli insegnanti ricordino soprattutto gli alunni peggiori, i più difficili, quelli che li hanno fatti dannare.
Bisognerebbe chiederlo, a un insegnante, se è vero.

Io so che alcuni insegnanti devo averli portati all'esasperazione. 
Tutti quelli di matematica, ad esempio. Non sono affatto certa mi ricordino con nostalgia.
Mentre forse per R., di italiano, forse per lui io sono stata quello che per me era F. quando davo lezioni private.
A F. spiegavo una volta sola, ed era fatta. Facevamo lezione anche dalle 20 alle 21, dopo 8 h  in università, tanto non mi stancavo.
Ero molto grata a F. della sua intelligenza, della sua naturalezza all'apprendimento, grata del suo intuito, della sua sensibilità, della sua straordinaria capacità. 
F. mi faceva sentire terribilmente brava.
Ma il fatto è, invece, che quello bravo era lui.

G. invece era...bè: era G.
Inconcludente, iperattivo, distratto, anarchico.
Una faccia di culo che ti vendeva pure tua madre.
G. era bocciato: da un po'.
Dieci minuti di lezione con G. erano fatica pura: erano sfida, richiami continui, soluzioni inventate su due piedi, era andare a braccio sperando funzionasse con la stessa percentuale di successo che vincere alla roulette russa.
Era attendere: lui, me, il sedimentarsi delle informazioni.
Alla fine tuttavia, anche G. è arrivato e mi ha portato il regalo più bello: stupirmi.
A conti fatti, G. mi ha insegnato ad insegnare.

Molto di quello che G. mi ha insegnato sull'insegnamento lo riscontro ancora oggi come genitore.
Ed ecco cosa mi ha insegnato il mio "alunno peggiore":

1. Fattene una ragione. Accetta. Scava, e vedi cosa scopri.

Prendiamo mio nipote: tu gli dici NO, neanche eccessivamente convinta, e lui SMETTE.
Tu gli dici, seria: "ascolta"- e  lui, siorri e siorre - ASCOLTA. Giuro.
Tu prendi il biondino, oppure sua sorella -fa lo stesso, la sostanza genetica non cambia- e digli No. No. NO. Hei, Biondino, ascolta: ti ho detto NO. Biondino: NO-O.
Siamo a 4 NO, e ancora no reaction.
I motivi possono essere svariati: le lucciole nel bosco, Mazinga che fa colazione, il fascino inequivocabile del rumore generato dalla testa della sorella che rimbomba sorda contro il pavimento, 3 + 4 che fa sette, sento come una voze familiare che mi chiama -parrebbe, non ne sono zerto ma potrei quasi essere sicuro di sì, quella di mia madre, ma  è in fondo davvero necessario che io risponda al suo richiamo SUBITO? probabilmente sì, ma guarda come s'incastrano alla perfezione questi due pezzettini che sembrano gli artigli di Coniglio Feroze, ad esempio. E altre amenità.
Se mio nipote ubbidisce ai miei ordini non è che io sono più brava con lui che con mio figlio: è solo che mia sorella c'ha le botte di culo.
I miei figli sono dei bravi bambini, ma indubbiamente distratti, fortemente testardi, vagamente anarchici, sostanzialmente refrattari alle regole.
Che fare?
a. introdurmi nottetempo in casa di mia sorella per una sostituzione al volo, indi far disperdere le nostre tracce.
b. accettare biondino e compagnia per quello che sono: rispettare le loro inclinazioni, limitare le loro distrazioni, lavorare di cesello con pazienza, imparare a catturare la loro attenzione, invogliarli alla collaborazione attiva.
Ogni tanto, anche, afferrare il biondino per i piedi e tirarlo giù sul pianeta terra.

I miei figli sono un po' stronzi, è vero, ma hanno un loro personalissimo perché, e sta a me ignorarlo in quanto non corrispondente alla mia personalissima idea di "bambino ideale" o coltivarlo facendo leva sulla loro nevrotica, anarco-insurrezionalista, istrionica, sorprendente unicità aspettando che mi sorprendano.

2. Resistere. Resistere sempre.

Prendiamo le volte in cui gli hai detto che non ci si alza da tavola senza il permesso.
Una cifra intorno ai 10 milioni, più o meno.
Non ci credi più neanche tu, ormai lo dici per inerzia, a un loro minimo movimento il tuo braccio scatta da solo afferrandoli per la collottola, la bocca ti si apre tipo automa e la senti scandire le parole roboticamente "se-sei-pieno-dillo-chiedi-e-ti-sarà-dato-ma-non-alzarti-senza-dire-nulla-è-un-atteggiamento-maleducato-io-non-lo-faccio-non-farlo-neanche-tu".
Pensi che non abbia senso, che ormai non serva più.
Pensi oddio parlo come mia madre, anzi no, peggio: io SONO mia madre.
Poi una sera a caso la tua Nina 2enne prenderà il tovagliolino, si asciugherà compostamente le labbra come il clone nano di Bree Van De Kamp e garbatamente ti apostroferà : "Mammina, poppo appammi, peffavoe?" (Mammina, posso alzarmi per favore?).
Durerà poco, ma saprai allora di aver fatto centro.
E d'altra parte anche di avere un consistente problema di fonetica.



3.  Il tempo che non conti ma che c'è [ i bambini apprendono anche quando non gli insegni].

Poniamo che zii, nonni e asili complottino contro di te assassinando la cultura musicale dei tuoi figli a suon di cofanetti baby-dance con remix de IlpulcinoPio, Lamacchinadelcapo e LetagliatellediNonnaPina.
Tu non hai i soldi per pagargli un corso di violino con metodo Sukuzi, non hai il tempo di ascoltare con loro sul divano il bauletto dei Beatles, il giorno in cui tu gli metti Santana e loro gridano perché vogliono la gangamstyle pensi di aver fallito. Fondamentalmente perché neanche hai cominciato, a provarci.
E se questi due sono condannati alle paludi musicali del pop italiano, se a 14 anni dalle loro cuffie sentirai uscire nient'altro che Gigi D'Alessio è solo colpa tua, della tua mancanza di tempo, attenzione e di nerbo.
Ma succederà che un bel giorno lo sentirai che parla alla sorella: fidati, quetta è roba per bambini piccoli: ti fazzo accottare un po ' di rock.
Lui toglierà Popoff dallo stereo (quando ha imparato a farlo? chi glielo ha insegnato?), scartabellerà un po' tra i tuoi vecchi CD, ne estrarrà uno in particolare, lo infilerà nello stereo e pigerà play.

Quando dalle casse partirà Smoke On the Water ti torneranno in mente un sacco di dettagli cui non avevi fatto caso, prima.
La voce di Lou Reed andando in stazione, che li addormenta.
Quella volta in cui facevi la scema ballando Cocaine mentre grattuggiavi il grana, e loro si sganasciavano.
La domenica mattina in cui hai messo in loop Rattle and Hum e gli hai detto: Ascolta, ascolta qui quando Bono dice Hei The Edge, play the blues...e poi senti, senti come parte la chitarra?
Ti viene in mente che forse la bellezza non s'insegna, la si vive e basta.
Che c'è una somma di minuti, di ore in cui tu semplicemente vivi con loro, ami in mezzo al loro, fai scelte di fronte a loro, e anche cambi cd in presenza loro, senza la minima intenzione dichiarata e consapevole di insegnare loro qualcosa.
Però quelli - guardacaso- ti guardano, ti osservano. E intanto il tempo passa, sedimenta informazioni, spunti, ispirazioni.

Perchè gli adulti, come i bambini, imparano dagli occhi e dalle orecchie, imparano dalla testa e dal corpo. E poi, imparano anche dal tempo.



Questo post partecipa al blogstorming di genitoricrescono col tema del mese: imparare ad apprendere

12 marzo 2015

La notte, in Thailandia.

"Mammaaaaa!!"
"Puffpuff-pantpant- Oggesùbeataclotidle, che c'è? stai male? che c'è??"
"Devo dilti* una cosa impoltantissima!"
"Dimmela, che la voglio sapere."
"Senti qua: quando noi siamo nel zorno, in Thailandia dormono."
"A-ha. Occchèèi..."
"Capissi? i Thailandiani dolmono adesso!"
"Thailandesi."
"Sì, thailandesi."
"E' per via di quella storia che ti raccontavo l'altra sera, ricordi? la terra che gira attorno al sole e anche attorno a sè stessa, ed è pure un po' storta."
"E' affassinante."
"Cosa? la rotazione terrestre?"
"No. La notte. La notte, in Thailandia. Affassinante."






*stiamo faticosamente cominciando ad arrotare le erre, mesi fa sarebbe stato direttamente"dìtti". ora c'è la vaga percezione di due lettere distinte.

11 marzo 2015

Il peggio che puoi farle, è ignorarla.

Se qualcuno venisse e mi svitasse la testa dal corpo farebbe un'opera buona, avrebbe la mia gratitudine eterna.
Sento sinceramente il bisogno di staccarmi da me stessa.
Mi sto sul culo da sola, rendo l'idea? non so se qualcuno là fuori soffra di questa mia stessa sindrome e mi possa suggerire come uscirne.
In questi giorni, così pieni di forse, di scommesse che non si è per nulla certi di poter vincere, di dadi lanciati e piani perseguiti.
In questi giorni senza certezze, senza risultati, solo investimenti, io ecco: sono la miglior detrattrice di me stessa.
Son 30 anni e passa che lotto con un'autostima ridicola e francamente si sentono tutti.

Ho una mia teoria, in merito.
Credo che dall'insicurezza, dalla mancanza d'autostima, dalle paure più fonde della nostra anima -quelle su noi stessi- non si guarisca mai del tutto.
E' una malattia per cui non c'è cura.
Se la contrai - e nella misura in cui la contrai- te la porti dietro tutta la vita.
Puoi conviverci, ma annientarla del tutto mi pare oramai improbabile.
Poi non so, voi magari, ma io a farla fuori, 'sta bestiaccia grama, non ci sono ancora riuscita.
La mia teoria è quindi di accettarla, evitando come la peste di subirla inermi.
Averne consapevolezza, tentando di assumere parziale controllo su di essa.
Tenersi alla larga dai suoi più feroci alleati: l'autocommiserazione, la gravità, la solitudine, le seghe mentali auto-inflitte, il ripercorrere i (supposti?) fallimenti passati.
Rinforzare d'altra parte i suoi nemici più grandi: l'autoironia, la leggerezza, la fiducia nel futuro, la coltura della bellezza della propria anima - che c'è, esiste, gli altri la vedono, e persino io la sento dentro di me, quando mi tolgo le lenti scure dell'autodenigrazione.

Questa la teoria.
Poi la prassi, vabbè.
Nei miei momenti più bui sogno mio padre che mi fissa e afferma lievemente imbarazzato ma in fondo così -come ineluttabile constatazione- che gli pare proprio che io valga pochino.
In quelle notti scatto sudata dal piumino e cerco di riportare il battito ad un ritmo normale.
In certi momenti - non so se avete presente - io mi sento così nuda ma così nuda che mi sale il freddo addosso, da dentro.
In quelle notti mi stringo ai bambini, che sono così belli e hanno i piedini tiepidi e la calma del sonno.
Perchè anche se di giorno discutiamo, litighiamo, ci snerviamo a vicenda, la notte ci coglie ad un certo punto vicini, nel mio o nel loro letto.
La notte ce la teniamo per proteggerci.

Se nessuno di voi ha la possibilità di passare da queste parti in collina e svitarmi questa testa folle e stronza, bè non fa nulla.
Vorrà dire che farò semplicemente come le altre volte: continuerò a vivere e quando si avvicinerà la vocina sordida e meschina (lo vedi, che non sei capace? ma dove credi di andare? pensi davvero di farcela? stai soltanto perdendo tempo. Quello/a/esso/essa/il cane dei vicini/ilpeggiostronzochepassaperstrada sì che vale, mica tu. Hai sbagliato tutto, è da mò che te lo dico. Non te lo meriti, non sei all'altezza.) la lascerò parlare. Da sola.