22 dicembre 2015

quest'anno.

Ancora poche ore, poi quello che voglio è andare nel bosco, tutti i giorni.
Raccogliere legnetti per la stufa, lasciar correre il cane.
Imbrattarmi gli stivali di fango, riempire le tasche dei bimbi di ghiande e un sacchetto di pigne.
Tagliare un rametto di pino verde che sappia di resina, che quello sulla capanna nel presepe s'è già afflosciato.
Farmi seguire dalla gatta finché ne ha voglia (sì, abbiamo una gatta. È mezza selvatica, una vera stronza. Vive solo nel giardinetto davanti e Arturazzo la tollera. No ok: la subisce. Sono riuscita a farla operare e ora si lascia accarezzare. Quando esco a piedi, mi segue finché ne ha voglia).
Ho impacchettato i regali, non moltissimi.
La cosa più bella è stata andare nella mia libreria preferita e prenderli lì quasi tutti.
Cucinerò qualcosa, non moltissimo.
Voglio dei giorni normali, ma senza lavoro o quasi e con tanto, tantissimo di Lui.

Voglio amare, rispettare, voglio benvolere tutto quello che sto costruendo riga su riga, pigna su pigna, notte su notte, corpo su corpo.


14 dicembre 2015

però mia.

Io sono quella dell'ansia, immagino si fosse capito.
Quella che non dorme per tre notti perché deve fare una certa cosa, e in quelle tre notti si fa il film di come quella cosa andrà molto male, e causerà irreversibili danni al precario equilibrio inter-familiare, al buco nell'ozono e alla pace nel mondo.
Poi all'alba del terzo giorno, quando come da prassi l'ansia viene sostituita dall'attitudine stigrancazzi, succede che quella cosa che dovevo fare non si fa//non è più necessaria/l'ha detto Paolo Fox/l'ha detto il Giudice Santilicheri e quindi niente, ho perso 3 notti di sonno per Laqualunque.

Ecco io sto più o meno allo stesso punto in cui stavo qualche mese fa, forse impercettibilmente più avanti perché mi sembra di essere un pochino più rapida nelle mie reazioni. In fondo 3 notti sono pur sempre meglio di 6.
Comunque davvero, ci sto lavorando.
Mia madre quando mi sente al telefono che ansimo mi vuole dare le goccine ma io no, io le goccine non le voglio, io sono più forte della mia ansia.
Io c'ho un blog, cazzo.

Sarei tentata di scrivere di quanta ansia da prestazione mi mette il lavoro in questo periodo e pur tuttavia parlerò delle lettere a babbo natale.
Al laboratorio a scuola stavo sistemando le lettere dettate dai bimbi alle maestre.
Chiaramente ho spiato quelle dei mie due, che li rispecchiano moltissimo:

Lettera del biondino:
Vorrei tanto i lego star wars coi cloni blu con la mitraglietta.
E basta.

Lettera di Nina:
Vorrei tanto:
una bambola
no una spada laser
un passezzino per i miei bimbi
no apetta un trenino, ma ze l'ho zà
vabbè una macchinina.
e un aereoplano.

Ma la più bella di tutte era quella di Mahmud, tunisino, coetaneo e amico del Biondino:

Vorrei tanto una bicicletta.
Però mia, non la vecchia di Mohammed.

E' per cose come questa, che la mia ansia diventa stigrancazzi.


3 dicembre 2015

Qualcosa mi sfugge.

Abbiamo conosciuto la nuova baby-sitter, l'ho invitata per un tè per presentarci e farle prendere confidenza coi bambini.
Lei è stata molto carina: universitaria, giovane ma non ragazzina, dolce senza essere sdolcinata, ferma eppur gentile.
Lui, esagitato come solo un timidissimo può essere, ha fatto cadere una mensola coi suoi quadretti.
Ha saltato sul divano in preda a una crisi di stupidera.
Ha lasciato il tavolo coi biscotti da lei gentilmente offerti senza ringraziare.
Ripreso, ha bofonchiando con la bocca piena come solo un timidissimo e maleducatissimo sa fare.
Ha lanciato giocattoli, di nuovo preda della stupidera, persino più fosca se possibile.
Sgridato e imbarazzato di fronte a un'estranea ha reagito come solo un timidissimo e molto avventatamente sciocco può fare: ha sparato il tappo del vino con la sua balestra di bambù a 20 cm dal mio naso.
Trascinato infine nella sua stanza e ivi lasciato a macerare nella colpa, lo si è sentito per i successivi 20 minuti inneggiare all'odio verso la genitrice, megera colpevole di non capirlo.
Per quei 60 minuti di breve e tragica conoscenza, un Biondino impazzito ha dato più o meno inspiegabilmente il peggio di sé.
Negli ultimi 10 la piccoletta, contagiata dal fratello, ha acceso la tv 20 volte: tutte successive alle 20 in cui gliel'ho spenta. Vista la disfatta, s'è buttata a terra e ha dato sfogo al suo miglior repertorio di urla.
Poco dopo la ragazza ha imboccato il vialetto sorridendo incoraggiante e sventolandomi la mano "a domani!".

Col cazzo, ho pensato.
Questa non la vedo più.
E come darle torto.

Invece stasera sono tornata e li aveva entrambe accoccolati addosso, mentre lei leggeva loro il libro.
"Hanno anche apparecchiato tavola", mi ha detto.

Qualcosa mi sfugge.