31 ottobre 2013

Pensavo fosse sfiga invece era un calesse.

Su questi giorni strani m'appoggio.

Ho fatto un sogno, l'altra notte.
Ero incinta ma qualcosa non andava. Qualcosa, dentro di me, non funzionava.
Abortivo lì, sul tappeto verde in bagno.
E quando lo vedevo a terra e gli guardavo il viso bello, da quell'istante in poi lo amavo.
Lui sì, per la prima volta, da subito, lo amavo senza conoscerlo. Non una goccia meno degli altri due.
E' stato allora che è arrivato il dolore, a detonare dentro.

Pensavo fosse sfiga invece era un calesse.

Mi sono presa la mattina e ho portato Nina a fare il vaccino.
Ha  scatarrato sul camice del medico che le ha controllato i polmoni e ci ha rimandate a casa.
Pensavo di essere indietro col lavoro,  pensavo come faccio a portarla dalla pediatra adesso, pensavo ma pensa te che  stronza che non ti sei manco accorta del catarro, pensavo certo che c'hai una sfiga.
Invece poi abbiamo pranzato insieme e lei sedendomi davanti succhiava spaghetti e sorrideva arricciando il naso. Si è pure messa un dito nell'orecchio e  lo girava per dirmi ch'eran buoni.
Io di solito pranzo da sola.

Cose che solo io.

Le inette come me decidono così- su due piedi- di preparare il pan di mort.
Siccome e precipuamente perché sono inette non lo fanno dopo una spesa ragionata ma così, proprio ad minchiam, col neurone a intermittenza e la dispensa come la trovano.
E non c'hanno i fichi secchi ma vabbè la marmellata.
E non c'hanno  gli amaretti ma vabbè  il grancereale (?).
E non c'hanno il savoiardo ma vabbè c'ho i biscotti (??).
E non c'hanno il vin santo e vabbè c'ho quel mezzo grappino fatto in casa.
E non c'hanno lo zucchero e vabbè - no, 'spetta- cazzo. Non c'ho lo zucchero.

Cose che solo io - due.

Ho fatto vedere a Magù questa foto e gli ho detto che trovo sia bellissima, e intensa, e ritoccata in postproduzione,  e tuttavia simmetrica, commovente, perfetta.
Dico magari ci andiamo un giorno io te e Nina e il babbo in South Dakota, al confine col Minnesota.
Perchè no, chi ce lo impedisce, dico io. Ci andiamo pure noi e fotografiamo la luna gigante e i coyote, se ce li troviamo.
Dico domani in ogni caso la disegniamo insieme, lui  pastrugna l'orecchio e fa sì con la testa.
Io mi tranquillizzo.




Comunque lo avete capito -sì ?- che m'è arrivato il ciclo.

22 ottobre 2013

Nella notte.

Ho sentito un colpo e mi sono alzata.
Di solito non ho paura, neanche se siamo da soli. 
Mr Google non è un un chiwuawa, non ci vede un cazzo ma ci sente benissimo.
Sono andata nella camera dei bambini: dormivano.
Mi è presa come una sorda inquietudine, quando cominci a pensare le cose brutte.
A me Chil'havisto? mette l'angoscia. Gesù - solo la musica mi mette un' ansia maledetta.
E' bastata la pubblicità ieri sera e avevo il visino di quella bimba bionda in Grecia stampato nella testa.
Sono tornata a letto per rigirarmici, controllare la sveglia sul cellulare, aspettare che venisse l'ora.
Non l'ho aspettata. Mi sono alzata.
Ho acceso il caffè in silenzio, facevo attenzione a non svegliarli.
C'era solo lo spaccacazzi dell'Arturo che voleva da mangiare, e una cimice sul barattolo dell'aglio.
E' pieno di cimici, quest'anno. Chi vive in città non lo sa. Io non lo sapevo.
In città sopravvivono solo mosche e zanzare. In campagna ho riscoperto una moltitudine d'insetti dimenticata. Arrivano coi primi freddi, quando cercano riparo tra le persiane, a ridosso dei muri che trasudano calore. Questo è l'anno delle cimici e anche di quelle altre specie di coccinelle, però lunghe, più brutte.
Ho bevuto il caffè e l'ho zuccherato più del solito, magari aiuta, ho pensato.
Ho aperto solo mezza persiana, e sono stata lì ad aspettare la luce, ma è arrivata solo dopo, quando i bimbi erano già svegli, e ormai non me ne facevo più niente.

Non so.
Sarà l'autunno (e le morte stagioni, e la presente, e viva e il suon di lei).
Sarà la Mazzantini, che dici sì, ok. Però tutti 'sti aggettivi, tutti 'sti dettagli.

Ho guardato l'orologio ed era l'ora.
Ho cominciato a preparare la colazione, senza far più attenzione a non farmi sentire.
Lei s'è svegliata.
Aveva una guancia soda, fresca, col segno del cuscino, lo sguardo stropicciato.
Gliel'ho baciata.
Dio quanto l'ho amata.






16 ottobre 2013

7 cose che non vi ho mai detto

1. I test mi mettono ansia. Qualunque tipo di test, anche quelli psicologici tipo Rorschach che devi vedere le figure nel foglio diviso a metà.
Quelli che ti dicono "non preoccuparti, non c'è una risposta giusta o una sbagliata" ma quando poi dai la tua risposta quelli fanno la faccia rigida per non farsi capire e io da bimba stavo lì con le mani sotto le cosce tanto per far qualcosa, a sperare di averci azzeccato.
Quello dove il cattivo giudizio non era strana, un po' nevrotica, eccentrica perché il nevrotico eccentrico ha in sé la stilla della creatività, del genio incompreso, brilla di luce propria.
No, la paura non detta era che pensasse solo Banale. Esattamente come tutti gli altri.
Perché l'eccentrico fa figo, il banale fa solo triste.
Ti fa sentire piccolo, comune e quel che è peggio non indispensabile.
Che poi il test in questione non c'entrasse una sega con la valutazione dell'eccentricità o banalità di una persona è un dato che esulava completamente dalla mia dubbiosissima, ansiosissima, paranoica autostima.

2. Ho avuto un periodo winnie the pooh, e speravo di poterlo tenere nascosto. Ma mi stava qui come una spina nel fianco, e finalmente l'ho detto.

3. Alcuni uomini mi hanno fatto un po' male. Parecchio male.
Nella maggior parte dei casi ho finito per vergognarmi per loro. Non ho rancori.
Solo a uno gli sputerei ancora dritto nell'occhio.
E' quello che mi ha fatto vergognare di me stessa.

4. Andavo a cavallo. Ero proprio portata, secondo me.

5. Una volta da piccola ho barattato Memole per Luis Miguel.
Lì è stato il momento in cui ho smesso di essere bambina,  mi sa.
Quando preferisci un bel topolone messicano a un'elfa nana coi capelli viola vuol dire che ti sei giocata l'infanzia, ragazza mia.

6. Tutte con 'sto spritz.
Spritz di qua, spritz di là.
A me ad esempio lo spritz mi fa cacare.

7. Una volta ho inavvertitamente irretito un giovane padre in treno.

Se il post non v'è piaciuto è colpa di Velma che mi ha dato un premio.

baci. notte.


p.s. postscriptum mattutino
Mi sono dimenticata che dovevo rilanciare il regalo ad altri blogger.

Allora rilancio a raffaella , sfolli e mammapiki che hanno commentato per prime.
E poi per parcondicio mi serve un uomo e quindi rilancio pure al gae.

14 ottobre 2013

Dunque stiamo messi un pochino sotto stress a livello lavorativo.
Nonna Oroscopo invece ha portato a casa un trattore di seconda mano ed è più contenta di una fashion blogger con un paio di loboutin ai piedi. Si sa che i gusti.
Ci siamo lasciati alle spalle tutti gli appuntamenti di lavoro, il parentado acquisito, le prealpi e la valle del Po ma non la sinusite.
Quei due là sono tornati a scuola.
A me mi si spacca la testa tanto che non solo penso "a me mi", ma addirittura lo scrivo.

Voi ridete e scherzate, ma là fuori c'è chi non ha ancora fatto il cambio degli armadi.




7 ottobre 2013

La canzone della regina.

Cognata, con Magù in braccio: "Sai l'inglese? ma davvero? che bravo, te l'ha insegnato mamma? com'è  che fa la canzone della regina?"

Susibita: "He? Uh?"

Cognata: "Il God save the Queen, dai."

Susibita: "Ah sì. - mette le mani in posizione da assolo- Tumtum-tamtam, God save the queeeeen, the fa-scist re-giiime...they made you a monroooe...NOO-OO fuuuutuure, NOO-OO fuuuture..."

Cognata: "..."
NonnaPensaciTu:"..."
Altri parenti attorno al tavolo:"..."

Susibita: " Ah. hem. Intendevi l'inno, forse."

Papone rotolantesi in un angolo.
Che poi - a ben vedere - è colpa sua se conosco i Sex Pistols.


1 ottobre 2013

I piedi si parlano.

Questo è il tempo delle consegne, il tempo del non c'è tempo.
Questo è il tempo dell'aumento d'iva, degli appuntamenti a nastro, dell'ansia da prestazione.
Questo è il tempo dei rendiconti. Di vedere se hai investito giusto oppure no, se invece hai sprecato il tuo tempo, il tuo preziosissimo tempo, e basta.
Quando Susibita diede l'ultimo esame in università pensò "è finita, non sarà più così. Basta. Niente più strappi alla pancia, come se ti tirassero per l'ombelico. Sarà dura, ma mai più così."
Era una cazzata, naturalmente.

Vorrei essere Nina.
Rubare ciucci, scappare via ridendo lasciando i miei compagni in lacrime, prendermi la cazziata dalle maestre. Avere questo come mio problema più grosso.
Vorrei vivere in Nina, nel suo mondo di ruspe selvagge, di moccoli e baci.
Oppure dentro quell'altro, che ha due piedi che si parlano, la notte.
Mi riferiscono di gran discorsi, sotto le coperte.