13 dicembre 2009

Essere un coniglio

La gravidanza è anche questo.
E' postare sul proprio blog alle 5.51 di una domenica mattina, dopo che sei stata sveglia per un'ora e mezza rigirandoti nel letto a meditare le peggio fosche fantasie sulla maternità che mai siano state concepite.
E' sentirlo rigirarsi convulsamente dentro di te, tanto forte che non è più un "guizzo", un "fruscio" o il tanto mitico e decantato "battito d'ali"...è un cotechino (alè, buone feste! è Natale!!) di un paio di chili che si dimena con un'energia potenziale non indifferente proprio sotto il tuo ombelico.
E' ficcare la testa nel cuscino per non pensare che tutta quella roba (la robbba proprio, un po' alla Verga, che ne avverti tutto l'indice di massa corporea, non so se mi spiego...) da una qualche parte dovrà pur uscire.
E' capire, con le lacrime agli occhi da quanto sei stata stupida, che l'osmosi per te non è prevista.
Te ne stavi placida ad aspettare il tuo turno, la fila inesistente.
E' essere un po', come dire...esauriti. Livello energetico ai minimi termini.
E' essere come il coniglio rosa della Duracel, ma non quello con la pila a lunga tenuta che vince tagliando il traguardo, bensì uno dei 10.000 che lo precedono, probabilmente il primo a cadere lingua a terra, sfiancato dopo pochi metri di corsa.
Adesso spiegatemi voi per cosa, precisamente, dovrei sorridere.
Ok, non sono nello stato d'animo migliore: fuori è ancora buio (e per giunta non ha nevicato. Perchè non ha nevicato?? Si era detto che avrebbe nevicato!! Mi sarei alzata col silenzio della fioccata e delle macchine, lente e attente, lungo la strada. L'avrei guardata cadere giù, bianca e perfetta. Mi avrebbe fatto bene, porcamiseria...), Lui dorme placido, non diversamente da 8 mesi fa (o 1 anno, o 8 anni, che importa? questa cosa è fantastica...loro DORMONO), e io ho diverse ore di sonno arretrato e troppo lavoro ancora da finire. Non sono obiettiva.
Però queste cose vanno dette, caxxo.
Ho sentito una quasimamma affermare coraggiosamente di sentirsi "in gran forma", di star vivendo uno "stato di grazia che tutte, prima o poi, dovrebbero provare".
Dico coraggiosamente non tanto perchè lo abbia affermato davanti a me.
Io non dovrei lamentarmi (lo faccio sempre, lo so: ma dentro di me so che non dovrei farlo. Diciamocelo, che finora mi è andata di lusso e che se sono stanca morta è perchè macino tutto il giorno come un mulino olandese. Diciamocelo, che non mi fa paura lavorare perchè in fondo mi torna un po' comodo avere tante cose da fare e poco tempo per pensare. Dicamocelo, che ho il privilegio di potermelo permettere).
Ma ci sono donne cui certi privilegi non sono stati concessi, signori miei.
Ho sentito cose che voi umani non potete immaginare: di nausee fino al 7imo mese, di blocchi di schiena e complicazioni varie, di riposi obbligati, di diabete alle stelle, di marmocchi nati all'ottavo mese e grandi come petti di pollo.
Alle parole della sopradetta, "miracolata" madre, ho visto fosche nubi e cumulonenbi degni della miglior mise en scène del Macbeth nella brughiera addensarsi sulla testa di quelle poveracce, che certe "grazie" se le sarebbero pure volentieri evitate.
Questo per dire che è tutto soggettivo.
Che ad alcune magari va bene, e sei felice per loro, ad altre un tantino meno, e a quelle -giustamente- je girano un po'...
Che non si può e non si deve generalizzare dicendo che la gravidanza è uno dei "momenti più felici e rosei della vita" (... oh ma che vite facevano, queste, prima???).
Perchè, come molte cose (belle) della vita, è fatta di luce e d'ombra.
Gioia e terrore. Mala diffidenza e ignara, placida attesa. Iperattività e scazzo.
In più c'è da dire che a viverla, quest'esperienza, sono solo le donne: esseri naturalmente capaci di passare dall'isteria pura alla meditazione zen nel giro di un nanosecondo, che conoscono ogni possibile sfumatura di emotività, pure quelle non ancora inventate.
Dateci un'emozione e ve la rivoltiamo come un calzino: siamo in grado di riprodurla in ogni possibile gamma, pure il suo contrario.
Ci portiamo appresso tutto il catalogo, come i venditori di aspirapolveri.
E lo conosciamo tutto. A memoria.
Se consideriamo che la capacità di avvicinarsi a tale prestazione un uomomedio la raggiunge di fronte al televisore e per non più dei 90 minuti di durata della partita, bhè...che dire...
Vado a mettere su il caffè, ore 7.00.

1 commento:

Giulia ha detto...

Susi, non so come son capitata su questo vecchissimo post ed è talmente bello che non posso trattenermi dal commentarlo. Ti adoro per quello che hai scritto. E' proprio così, la maternità. Prima. E dopo. E non le sopporto quelle che parlano solo di poesia e di gioia e di amore e di perfetto idillio. Ma dove vivono? E' proprio perché è difficile e faticoso crescerli che l'esperienza diventa così totalizzante e assoluta.