21 ottobre 2011

Lei legò i lunghi capelli biondi in una coda alta, il laccino in bocca e un libro aperto sulle ginocchia.
Fece un grosso nodo dietro la nuca, scostò l'ultima ciocca, inarcò la schiena e fece scricchiolare il collo, voltò pagina.
Il grosso gatto bianco dentro il trasportino di vimini miagolò.
Lei sporse l'indice oltre le sbarrette per una distratta grattatina sotto il mento, senza staccare gli occhi dalla pagina.
Le 7.
L'uomo accanto a lei si alzò, spense la sigaretta.
"Andiamo, tra poco chiamano.".
Lei  chiuse il libro e lo infilò nella borsa, si alzò con precauzione, un po' sbilanciata, e si avviò verso la dogana con quell'andatura cadenzata, vagamente ridicola, della donna incinta.

Lui avrà avuto 25 anni, un corpo esile e probabilmente del tutto insulso fuori dalla divisa.
Un paio di baffetti neri curatissimi e l'aria di chi sta portando la proria carriera esattamente dove aveva programmato che andasse.
Che noia, gli ci voleva un'altra sigaretta.


"La borsa."
"Buona, Cleo, che c'è? ora saliamo, ntch-ntch, stai tranquilla."
"Amore, la borsa."
"La borsa. La svuoti qui."
"Eh? Cosa? Ah la borsa, sì."
L'astuccio del trucco, un pacchetto aperto di caramelline alla menta, gli occhiali, il foglio spiegazzato con la ricetta della torta allo yogurth di sua madre, il libro.
Il libro.
Lui lo prese in mano, lo rigirò. Fissò il titolo sulla copertina, le labbra increspate in un sorriso sarcastico. Disse qualcosa al collega alle spalle, qualcosa di brutto.
Con disprezzo, si capiva, perchè lo fece sputando le consonanti.
"Merda. Non può portare questa merda dentro al paese."
Gettò il libro nel cestino dietro di lui, lei lo vide cadere tra mozziconi e fazzoletti sporchi.
"Mer...? Cosa?? ma come si perm..."
"Zitta. Lascia stare. Va bene, arrivederci, grazie. Toh, piglia i documenti e andiamo."
"Ma come grazie? Ehi, non tirare, hei!"
"Cosa ti credi, di essere a Malpensa? Non ti voltare, non li guardare. Occhi bassi e andiamo."
Lei fece solo in tempo a rivedere la copertina, tra le carte e la cenere.
Per.Chi.Suona.La.Campana.
Qualcuno ci sputò sopra.

Così poteva succedere, ad atterrare alle 7 di una mattina del 1980, mentre Tripoli si stava appena svegliando.

Ieri ho pensato tutto il giorno a quel soldato.
Che ne è stato, della sua carriera. Dei suoi sogni, del suo credo.
Se si è ricreduto, o gli e è rimasto fedele.
Se è stato felice, se si è innamorato, sposato.
Se ha mai regalato un libro.
Se qualcosa gli è mai stato rubato.
Se ha amato un figlio, o più di uno.
Se ha preso botte, o ucciso qualcuno.
Se è stato tradito.
Se ha provato pietà.
Se ha capito di avere torto oppure ragione.
Se ha mai pensato che la campana suona per tutti, mai per uno solo.


9 commenti:

Anonimo ha detto...

te l'ho giá detto che scrivi d'incanto?...quando leggo i tuoi post mi immergo in una lettura brevemente intensa, che puntualmente mi dispiace sia già finita!

Susibita ha detto...

Grazie Velma, sei molto gentile. Mi fa davvero piacere che ti piaccia passare di qui =).

Anonimo ha detto...

SusibitaTroppoColta
... un povero tapino

P.S. affascinante

Susibita ha detto...

Anonimo Tapino: si chiama "fai una citazione a caso e vedi se ti butta bene".
Affascinante io? Grazie, troppo gentile =).

Susibita ha detto...

p.s. comunque, hem, volevo specificare...è successo davvero.
Non è inventata, di colto c'è ben poco.

Lisa ha detto...

Sono senza fiato. Come diavolo hai fatto a condensare una serie di vite, umane e animali, di paesi e continenti oserei dire, in un post così breve?!
Quanto vorrei avere qualche alunno d'italiano con abbastanza livello per farglielo leggere e commentare!

Susibita ha detto...

Lisa: tu sei decisamente troppo di parte. Però grazie ;D...

SuSter ha detto...

Ma è successo ai tuoi genitori? Eri tu nella pancia?

Susibita ha detto...

Già =).
Abbiamo vissuto lì per qualche anno.

Susibita