3 ottobre 2014

Nella scatola di cartone.

Tempo fa durante la spesa ci fu l'increscioso episodio Lego Chima.
Non so se avete presente: è una serie dei celebri mattonicini dedicata ad un mondo immaginario popolato da grifoni del sole e pseudoscimmie del ghiaccio, in lotta fra loro per il possesso della mitologica terra di Chima.
Lui aveva visto la pubblicità in televisione e da lì era partita la litania del melocompri?melocompri?melocompri?
Gli era stato detto che al momento non se ne parlava, ma che se fosse stato bravo forse avrebbe potuto chiederlo per Natale.
Però poi eccoli lì, tutti in fila sulla scaffalatura conad, accanto alla pizza al taglio 100% plastica e al pongo di peppa pig.
Piantò una scena memorabile.
Ti peego compamelo, ti peeeego non voglio 'ppettare natale, lo vojio subito mamma, LO VOJJJOOO!
Ovviamente non cedetti di mezzo millimetro.
Ovviamente lui piangeva, ovviamente l'intero supermercato ci guardava, ovviamente cercai di calmarlo ferma e a voce controllata, ovviamene l'istinto bieco mi diceva di ribaltarlo, rotearlo in aria e se necessario farlo liscio come un pomodoro pelato. Ovviamente lo trascinai solo il più velocemente possibile fuori dal supermercato.
In macchina partì il cazziatone universale e a casa la punizione, consumata sui gradini del giardino di sotto, col cancelletto chiuso nel recinto dei suoi pensieri.

Quella sera stessa, di ritorno da una passeggiata nel bosco, lui mise mano alla grande scatola di cartone eredità dei cugini più grandi, colma di centinaia di pezzi lego spaiati, appartenenti a serie e modelli diversi tra loro, tutti incompleti. Ci lavorò per tutta la sera, al termine della quale si era costruito i suoi lego chima da solo.
Scelse il rosso per quelli del fuoco e il bianco per quelli del ghiaccio.
Modellò tigri della neve, slitte e macchinzegni di ogni sorta.

A volte ci penso.

Mio figlio sta lì, nei suoi capricciosi 4 anni, a spiegarmi che i sogni su cui ci ostiniamo hanno il luccichio della plastica nuova, della confezione in scaffale, pre-pensata e pre-digerita apposta per noi: dobbiamo solo pagare, seguire le istruzioni, e non smontarli mai più, né osare perderne un pezzo così per caso.
Mentre i sogni che non osiamo, bé quelli stanno alla rinfusa in un vecchio scatolone di seconda mano sotto i nostri occhi, e non costano nulla.
Eccetto, forse, lo sforzo d'immaginarli.

5 commenti:

mammapiky ha detto...

Ora io quelli desiderati però li prenderei...dopo una dimostrazione così mi sarei intenerita dic certo e Natale sarebbe arrivato prima! Ed e' proprio su questo punto che loro "ci fregano"! ;-))))

Velma ha detto...

Già.
Perché immaginare i sogni costa pensieri e osare poi è solo cosa per Grandi.

La Princess S. ha detto...

Bella metafora :)

Suster ha detto...

Dopo aver letto questo post meraviglioso, rovistare in quello scatolone di lego (sì, proprio in quello! nello scatolone dei sogni!) ha avuto tutto un altro significato.
Lasciamoli costruire con i pezzi che abbiamo, che abbiamo raccolto lungo il percorso o che altri, persone incontrate lungo quello stesso percorso, ci hanno lasciato in eredità. Ne tireranno fuori qualcosa di sorprendente, e di unico.
Costruire secondo le regole imposte, con pezzi sagomati su misura sì, ma su una misura standard, stabilita a priori dai più grandi esperti del settore, può forse dare risultati esteticamente migliori, ma non saranno i nostri.
Un po' come i cupcake al bicarbonato, io credo.
Un abbraccio a tutta la vostra splendida famiglia.

Susibita ha detto...

mammapiki: ma è perchè tu sei buona, io invece sono una fredda carogna.

velma: o per Piccoli Grandi ;)

laprincess: grazie. è una metafora molto vicina alla realtà, però, in questa fase della mia vita.

Sus: vero, che belle parole che mi lasci. temo di dover ammettere che i cupcacke al bicarbonato però siano stati un epic fail, per dirla in maniera cool, social, insomma ci siamo capire ...