Che cosa siamo, prima di Essere?
Impulso elettrico.
Girini nella placenta.
Da qualche parte in un istante, siamo un battito.
In un qualche punto in un qualche tempo nella testa di nostro padre, nel ventre di nostra madre, la prima cosa che siamo è semplice: un'idea.
Dio ti prego che sia sano.
Speriamo sia maschio.
Mi basta non abbia il naso di tua madre.
Speriamo dorma.
Fai che la guerra finisca.
Speriamo d'esser vivi.
E quando poi Siamo, cos'è che precisamente Siamo?
Un corpo e un nome.
I figli di qualcuno.
Mi par che siamo molto, moltissimo animali: come i gatti o i cavalli.
Siamo respiro, freddo: siamo le nostre urla.
Siamo fame, sopravvivenza, istinto di vita.
E che cos'eri tu, prima di te?
Subito, proprio subito subito prima di esser te di fuori, eri un po' me di dentro: carne, fiato e tutto il resto.
E anche se urlavo - bambina, non ti credere- avevo la situazione sotto controllo, mica come con tuo fratello.
Un po' per la punturina della felicità, un po' perché il mio corpo aveva capito quella storia delle spinte e assorbito il concetto.
Così invece di saettare gli occhi fuori dalle orbite, il coccige fuori sede per non tacer del resto, la mia testa ha tirato fuori da chissà dove la memoria del corpo: che più che con i muscoli, si spinge col tempo giusto.
E con tutta l'anima, naturalmente.
La gente trova rassicurante trovare somiglianze, riconnettere situazioni: fa parte del gioco, l'illusione che in fondo tutto sia sotto controllo.
Quando sei uscita con quel cordone lì attorno al collo, già avevi cominciato a far casino: avrei dovuto capirlo.
Spesso chiedo a tuo padre eh ma tu sei sicuro che quando è uscita da là sotto c'aveva proprio quegli occhi lì, vero? cioè tu glieli hai visti, giusto? erano già così, come due tondi bottoni in mezzo alla faccia? perché secondo me non ci somiglia per niente. Non è che ce l'hanno scambiata?
Io quando sono scesa ad allattarti la prima volta ho notato quel buchino, proprio accanto all'orecchio, un puntolino minuscolo.
"Qualche mese e si riassorbe", m'hanno detto. Invece sta ancora là.
Speriamo non vada mai via, Nina, sarebbe un po' triste: è la prima cosa di te che ho amato.
Quando ti dovevo prendere in quel mare di culle ti cercavo, controllavo il numero sul bracciale e poi -diffidente- risalivo a quel buchino, quel minuscolo pezzettino che chissà come m'era sfuggito.
Allora ti prendevo, e così ogni giorno eri un po' più mia.
Non è vero che i figli non sono noi.
Cioè: è giusto pensarlo, ribadirselo come concetto, così voi crescete liberi con la vostra personalità unica e noi non vi opprimiamo, e occhèi.
Però non è vero, semplicemente.
Non è che perché una cosa non è vera, allora non dobbiamo crederci: vaglielo a dire a Babbo Natale.
Io ad esempio da quando ho voi penso sempre a quella frase che lessi non so dove:
"Com'è, avere un figlio?"
"Un figlio? è come un pezzo di te, ma che va in giro da solo."
Io infatti trovo che tu sia molto tu, ma anche molto me e molto tuo padre, e anche tuo fratello e tutti gli altri: tu, più la somma dei nostri geni, dei nostri errori, della nostra paura, del nostro sforzo alla felicità o all'amore.
La gente trova rassicurante trovare somiglianze, riconnettere situazioni: fa parte del gioco, l'illusione che in fondo tutto sia sotto controllo.
Quando sei nata, era il primo giorno d'Estate.
E ogni volta in cui per la prima volta sarà di nuovo Estate, tu nascerai un'altra volta, e noi ti si farà una gran festa: io mi metterò carina e accenderemo le candele, poi mangeremo una torta fresca, con fragole o ciliegie.
Siccome hai in te l'estate, anche tu sei calda, divertente, pigra e faticosa.
Di Giugno hai la pelle di grano, gli occhi delle lucciole: che hai solo tu, ma che t'ho fatto io.